AVERCELA RETTANGOLARE A MILANO NEL 1956
MPM ha una passione per gli anni 50 e ciò si traduce nel costringermi a sorbire ignobili prodotti televisivi .
Uno di questi è “Il Paradiso delle Signore”, la storia di una pionieristico grande magazzino di Milano, tipo Rinascente, regno di tresche, intrallazzi e cappelliere, e delle sue commesse (dette Veneri, non sempre munite di nome).
Come fiction non sarebbe neanche terribile, nonostante la disarmante prevedibilità degli intrecci: le ricostruzioni di costumi e mode sono notevoli e alcuni dei personaggi suscitano simpatia.
Quel che è esasperante è la protagonista, Teresa. Carina è carina, niente da dire. Ma non più di tutte le altre. Eppure… sono giunta alla conclusione che ce l’abbia rettangolare. Nonostante, infatti, sia una grezzona arrogante, aggressiva e ignorante, a tratti fastidiosa, ogni maschio papabile che compare nella serie cade stecchito ai suoi piedi. E non è che voglia semplicemente carpirne la virtù: basta uno sguardo – magari livoroso – della fanciulla e già si medita una proposta di matrimonio.
Si può aver giurato di non amare mai più dopo aver perduto tragicamente la moglie, si può essere un brillante tombeur de femmes o il viziato delinquentello figlio del Sindaco del Paese (non Milano: il Paese)… sia come sia non c’è scampo, ci si innamora all’istante di lei. Di Teresa, alias Rettangolare.
Naturalmente, però, nulla può essere semplice e bisogna soffrire. Ci caliamo, dunque, in un bel supplizio melodrammatico e stucchevole che punta al patetismo, e vai di complicazioni giudiziarie e familiari, di dubbi scemi e di segreti oscuri (non molto interessanti) in un mondo in cui le donne sono vittime e gli uomini cattivi. Infatti mentono, manipolano, ingannano… L’unico dotato di una parvenza di senso dell’onore è il mafiosetto locale, se si eccettua il povero magazziniere Quinto, eternamente vinto, peggio che un Malavoglia. Uno dei tormentoni della serie, a proposito, è: “Ti sei concessa?”, “Guarda che sei rovinata…”, possibilmente sibilato.
La cosa più scioccante è che tutto ‘sto polpettone è tratto (molto liberamente) da un romanzo di Émile Zola. Sul serio. L’undicesimo del ciclo dei Rougon-Macquart, edito nel 1883. Il Paradiso delle Signore, appunto.
Sfrondato, però, della componente verista e caricato dei colpi di scena tipici del feuilleton.
In realtà, se non ci fosse Teresa sarebbe quasi apprezzabile. Così però rischia sovente l’umorismo involontario (lo sfincione docet).
Per fortuna.
Se no non mi divertirei così tanto a guardarlo.
P.S.
Se fossi lo sceneggiatore, aggiungerei un cagnolino tra i personaggi fissi e lo chiamerei Émile Zola. ;)
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