IO SO PERCHE' CANTA L'UCCELLO IN GABBIA
di Maya Angelou
La biografia dei primi sedici anni di vita dell'autrice.
Una vita drammatica, costellata di sofferenza e di ingenuità, di spirito pratico e di poesia, che è un piacere leggere, anche perché lo stile, pieno di forza e di delicatezza, è strepitoso, scevro di retorica e di condiscendenza.
Maya, infatti, bimba di colore, molto sensibile, che vive con la nonna – detta Momma –, lo zio e il fratellino Bailey, da lei adorato, nel Sud razzista del primo Novecento (anni 30), conosce ben presto il disprezzo dei bianchi e le regole non scritte dell'essere neri. Tuttavia, gli occhi con cui ci racconta le sue vicissitudini sono quelli di una bambina, che non conosce tante cose, ma che è piena di saggezza, e che, nonostante la tenera età, sarà costretta a lottare per guadagnarsi più o meno qualsiasi cosa.
Pur così piccola, infatti, le capita di tutto (abusi compresi), anche se, per quel che ci riguarda, ciò che preferiamo, è semplicemente godere della sua compagnia e starle vicino mentre, con sincerità e candore, ricorda i vari passaggi della sua infanzia e i colori vivaci con cui vedeva il mondo.
Si tratta di una narrazione molto toccante, ma non smielata, che, nella sua semplicità e freschezza, ci precipita nella vita di questa ragazzina, fatta di timori, di paure, di fantasiose quanto assurde ricostruzioni, di privazioni e di orgoglio vilipeso, ma anche di coraggio e di determinazione. Maya non dà giudizi, ma ci mostra come ha vissuto, che cosa ha sentito, e lo fa con una prosa che, lungi dall'essere quella di una fanciulla implume, riesce ad essere profonda e minuziosa quanto genuina.
Se gli occhi, infatti, sono e restano quelli di una bimba, la sua voce è quella di una donna adulta dalle grandi capacità introspettive.
Un volume splendido, un classico del Novecento, che per temi e incanto porrei accanto al mio romanzo preferito: “Il Buio oltre la Siepe” di Harper Lee.
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