VITTORIA E ABDUL
di Stephen Frears
(2017)
Non arrivo ad affermare di essere rimasta delusa, ma dal trailer mi aspettavo decisamente di più.
Più verve, più mordente, più ritmo, e pure un maggior coinvolgimento emotivo.
La trama è toccante, degna di interesse e costellata di scene splendide, tra l'ironico e il commovente, ma la pellicola è davvero troppo diluita (possibile che ormai non si riesca a realizzare un film che duri meno di due ore?) e si regge tutta sulle spalle (eccezionali) di Judi Dench, perfetta nel ruolo della Regina Vittoria: maestosa e beffarda, vulnerabile e grandiosa.
Abdul (Ali Fazal), però, non riesce a stare al passo con lei: è dolce, è attraente, ma non ci trasmette sufficiente pathos (che diamine, ho preferito il suo amico lamentoso, il povero Mohammed/Adeel Akhtar, che, se non altro, è riuscito più volte a farmi sorridere) e, nelle scene in coppia con la Dench, viene offuscato dalla sua magnifica presenza.
Per quanto mi riguarda, nemmeno i comprimari risaltano particolarmente: paiono mero contorno, una pennellata di colore, nulla più.
Indubbiamente, però, il film non è malvagio: la storia è tenera, i dialoghi buoni, con alcune battute eccellenti, ed è estremamente affascinante il confronto tra civiltà e classi sociali (sebbene, anche sotto questo aspetto, non si raggiungano vertici narrativi inarrivabili, a causa, forse, dell'eccessivo ricorso a cliché e luoghi comuni) e, ancora di più, il tema della solitudine interiore della Regina, la sua desolazione in contrasto con la sua forza ed imperiosità, la sua ignoranza su certi fatti, nonostante la sua posizione.
Se lo consiglio?
Massì, comunque l'ho visto volentieri.
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