BRIGHTON ROCK
di Graham Greene
Scritto come un noir, con poche pennellate graffianti e tanti fatti, tra cui diversi delitti, e pieno d'atmosfera, è in realtà un romanzo d'autore, che ha il suo tema centrale nella redenzione e, se vogliamo, nella vendetta impietosa di Ida Arnold, personaggio che, nella sua cieca ostinazione, mi ricorda un po' l'Antigone di Sofocle.
La bellezza di “Brighton Rock”, oltre che nel suo stile pulito, ma ruvido, sta soprattutto nelle dicotomie che lo compongono: nel bene allacciato al male, antimanicheo e anticattolico, nell'amore intrecciato al sangue e all'odio, nel sesso senza peccato, e nel peccato che rifugge il sesso, e nella sete di giustizia, che forse è un doveroso atto di compassione, ma forse è qualcos'altro, di più oscuro. Così come forse, chissà, in fondo gli atti di manipolazione antisociale, sono, a loro modo, un tentativo di atti d'amore, gli unici possibili al Ragazzo, gangster adolescente cresciuto senza affetti.
E stupendi sono i personaggi, apparentemente semplici, quasi ingenui, ma invece stratificati e incisivi, tanto da sembrare veri: il dolce e sventurato Hale, classico uomo stropicciato, il terribile Pinkie, nonostante la giovane età, capace di far rabbrividire con un sorriso, la coraggiosa Ida e la povera sprovveduta Rose, che chiunque avrebbe voglia di salvare.
Un libro coinvolgente, che va dritto al sodo, ma che poi ci gira intorno, lo sviscera, e lo colma di nuovi significati.
Un classico moderno, da leggere in treno, se si vuole, ma che ondeggerà fra i nostri pensieri anche dopo che lo avremo riposto e saremo arrivati in stazione.
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