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giovedì 24 dicembre 2015

Follia o no?

BIRDMAN
di Alejandro González Iňárritu
(2014)


Un film eccezionale, profondo e triste, con pennellate surreali, perennemente in bilico tra realtà e metacinema, tra ossessione e verità, tra poesia e dramma, che ti fa respirare la sconfitta, l'ambizione disperata, il rimpianto e la follia.
E a volte ti convinci che il protagonista, Riggan (Michael Keaton), questo attore alla frutta – famoso per aver interpretato un filmaccio di Supereroi, che a suo tempo è stato un incredibile successo al botteghino, e che ora vuole a tutti i costi riscattare la sua carriera scrollandosi di dosso la maschera del suo personaggio, interpretando a teatro un'opera di Carver e giocandosi il tutto per tutto – sia un genio incompreso e sottovalutato, a volte temi che sia solo un pazzo e che andrebbe rinchiuso...
E il suo personaggio, infatti, Birdman, lo segue, lo incalza, lo tormenta... E ci/lo inganna mostrandoci/gli i suoi poteri, confondendo la propria personalità con la sua.
... E intanto Riggan, dai difficili rapporti familiari, e ormai pure invischiato in guai economici, rifiuta i compromessi e fa quanto è necessario per riuscire ad elevarsi a livello artistico. Qualunque cosa, letteralmente. E lo vediamo da subito, quando decide di eliminare (non in senso fisico, ma quasi) un attore incompetente dal suo palcoscenico...
Ma non è tutto qui, oh no...
Nel cast entra Mike (Edward Norton), e anche lui, pur cavalcando l'onda del successo, pur essendo effettivamente un attore intenso e di grande spessore, sul piano umano è carente e vicino alla sociopatia... Un'altra allegra mina vagante.
E a volte sorridiamo, viriamo sul grottesco. Più spesso il vuoto ci attanaglia, con la sua aridità e siamo pronti a gettarci dall'alto...
E amiamo questi poveri artisti, li ammiriamo, percependone le vibrazioni assolute, la tensione che li anima e che li avvicina a Dio (in senso laico). Al contempo li compatiamo, proprio in quanto di umano, in loro, di equilibrato e buono, rimane ben poco... Pronti a sacrificare ogni cosa, ogni valore, risucchiati dall'abisso, in nome della perfezione, dell'arte, del successo.
Che però non è garantito.
Fino a che si innesca la tragedia finale. Che prevediamo da subito, perché inevitabile, ma il cui sviluppo, quando ci affacciamo alla finestra, ci lascia attoniti, entusiasti, perché – follia o no – è foriero di più interpretazioni, tutte bellissime...
Grande regia, grandi interpreti.

Emozione pura.

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