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giovedì 10 dicembre 2015

Sublime alternativa al suicidio

LA NAUSEA
di Jean-Paul Sartre


Ci sono romanzi così. Romanzi con cui devi essere sintonizzato, per cui, se il tuo umore contrasta con l'opera, di leggerlo proprio non c'è verso, a dispetto della bellezza della prosa.
Ecco perché ho impiegato otto mesi per arrivare a pagina 60 – guadagnandomi con fatica ogni riga – e un pomeriggio per le restanti 180 circa, pascendomi di ogni sillaba...
In realtà la mia venerata (da me) Prof. Di Lettere del Liceo, pur amando Sartre (e in particolare “Il muro” – che io ho adorato – e “Le mani sporche” – ancora da comprare –) aveva diffidato noi alunni dall'accostarci a questo volume: lo riteneva pretenzioso, sopravvalutato e sterile. Nauseante, persino.
Insomma, mi aveva incuriosita e me lo ero annotato... Quando, a distanza di eoni, mi è capitato tra le mani in libreria ho dovuto acquistarlo, in preda ad un febbrile spirito di contraddizione.
Trattasi del diario di tale Antoine Roquentin, sopraffatto dalla nausea esistenziale verso il mondo intero. Dunque andiamo avanti, senza filo conduttore, tra discorsi semi-accademici e descrizioni di stati d'animo, paesaggi, umanità varia, congetture e riflessioni sulle vicende più disparate...
C'è questo suo amore perduto, labile e quasi a senso unico, per questa donna difficile, ma peculiare (e vagamente crudele), Anny, e poi un libro inutile che Roquentin starebbe scrivendo e che, naturalmente, non ha senso scrivere...
C'è il peso del mondo che ti schiaccia, con la sua vanità e assurdità, e la disillusione verso qualsiasi cosa: la politica, le persone, la cultura...

Jean-Paul Sartre immaginato dal nostro caricaturista

A dare fastidio alla mia Prof., credo, fosse il compiacimento insistito relativo a questo sentimento, che non è autentica afflizione, quanto piuttosto artificiosa strumentalizzazione. Del resto, il sentire della mia insegnate è sempre stato così puro e appassionato che capisco faticasse a tollerarlo.
Io sono meno spirituale, meno critica, e il romanzo, alla fin fine, mi è piaciuto. E' una fantastica colonna sonora per la depressione, perché la eleva a dimensione cosmica, fa di te un titano eroico e consapevole, permettendoti una sorta di malata esaltazione, mentre sguazzi nel tuo stesso malessere.
Consolatorio, quindi.

E, se vogliamo, sublime alternativa al suicidio.

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