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martedì 3 maggio 2016

McCarthy è un dio

CITTA' DELLA PIANURA
di Cormac McCarthy


Ultimo romanzo della trilogia della frontiera.
E forse è vero, “Cavalli selvaggi” è il più bello, “Oltre il confine” un poco di meno, mentre “Città della pianura”... No, non condivido.
Non è il meno riuscito.
E' magnifico, specie la fine, sia per quanto riguarda John Grady Cole e l'esito del suo combattimento (alcuni particolari sono a dir poco da orgasmo), sia in ordine all'epilogo onirico narrato da Billy Parham!
Wow. Ti spacca l'anima.
E chi si aspettava, intanto, di ritrovarli tutti e due, il protagonista di “Cavalli selvaggi” e quello di “Oltre il confine”? Ero convinta che, trilogia o no, il legame fra i tre romanzi fosse dovuto più a corrispondenze e unità di pensiero/ambientazione che ad una vera e propria continuity (anche se, in effetti, “Città della pianura” si può leggere pure senza conoscere i precedenti due tomi, e idem per gli stessi), invece... Spettacolo!
E c'è tutto, è Cormac McCarthy al cubo! Lirica e splatter che si fondono, toccando i vertici della bellezza, della verità esistenziale e del dolore... Personaggi dolenti, sconfitti, e incisivi. Una poetica che ti spiazza e ti commuove, e una prosa che accelera e rallenta in modo imprevisto, facendoti sentire tutto, dagli odori all'imperativo categorico!
Riconosco che in principio sono partita lentamente, la storia non mi ha coinvolta subito. Ero contenta, sì, di aver ritrovato i due uomini di McCarthy (uomini, perché ormai lo sono, troppo consumati per poter essere definiti ragazzi, sebbene giovanissimi), mi godevo la scrittura, l'atmosfera, l'autenticità dei dialoghi – che splendore la commistione messicana –... ma, come tutti, rimpiangevo il primo e il secondo volume. Poi... Poi a un certo punto non ho più potuto esitare o fermarmi: la trama è decollata e ha proceduto in picchiata, causando vertigini, scosse e brividi allo stomaco, attacchi di cuore, euforia, e tremendi momenti epici, vibranti di risonanze.
Ogni parola, ogni vocabolo, pare lavato in un ruscello e steso al sole, ad asciugarsi e risplendere.
E poi c'è stato il sogno, e siamo andati oltre.
E dunque, come si può essere al contempo tanto viscerali e tanto poetici?
Lo ignoro, ma McCarthy no.
McCarthy è un dio.
McCarthy ci dà tutto.

Strepitoso.

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