CITTA'
DELLA PIANURA
di Cormac McCarthy
Ultimo
romanzo della trilogia della frontiera.
E
forse è vero, “Cavalli selvaggi” è il più bello, “Oltre il
confine” un poco di meno, mentre “Città della pianura”... No,
non condivido.
Non
è il meno riuscito.
E'
magnifico, specie la fine, sia per quanto riguarda John Grady Cole e
l'esito del suo combattimento (alcuni particolari sono a dir poco da
orgasmo), sia in ordine all'epilogo onirico narrato da Billy Parham!
Wow.
Ti spacca l'anima.
E
chi si aspettava, intanto, di ritrovarli tutti e due, il protagonista
di “Cavalli selvaggi” e quello di “Oltre il confine”? Ero
convinta che, trilogia o no, il legame fra i tre romanzi fosse dovuto
più a corrispondenze e unità di pensiero/ambientazione che ad una
vera e propria continuity (anche se, in effetti, “Città della
pianura” si può leggere pure senza conoscere i precedenti due
tomi, e idem per gli stessi), invece... Spettacolo!
E
c'è tutto, è Cormac McCarthy al cubo! Lirica e splatter che si
fondono, toccando i vertici della bellezza, della verità
esistenziale e del dolore... Personaggi dolenti, sconfitti, e
incisivi. Una poetica che ti spiazza e ti commuove, e una prosa che
accelera e rallenta in modo imprevisto, facendoti sentire tutto,
dagli odori all'imperativo categorico!
Riconosco
che in principio sono partita lentamente, la storia non mi ha
coinvolta subito. Ero contenta, sì, di aver ritrovato i due uomini
di McCarthy (uomini, perché ormai lo sono, troppo consumati per
poter essere definiti ragazzi, sebbene giovanissimi), mi godevo la
scrittura, l'atmosfera, l'autenticità dei dialoghi – che splendore
la commistione messicana –... ma, come tutti, rimpiangevo il primo
e il secondo volume. Poi... Poi a un certo punto non ho più potuto
esitare o fermarmi: la trama è decollata e ha proceduto in
picchiata, causando vertigini, scosse e brividi allo stomaco,
attacchi di cuore, euforia, e tremendi momenti epici, vibranti di
risonanze.
Ogni
parola, ogni vocabolo, pare lavato in un ruscello e steso al sole, ad
asciugarsi e risplendere.
E
poi c'è stato il sogno, e siamo andati oltre.
E
dunque, come si può essere al contempo tanto viscerali e tanto
poetici?
Lo
ignoro, ma McCarthy no.
McCarthy
è un dio.
McCarthy
ci dà tutto.
Strepitoso.
Nessun commento:
Posta un commento