THE
VISIT
di M. Night Shyamalan
(2015)
Ove
si narra della visita dei nipoti, Becca e Tyler, quindici e tredici
anni, ai nonni materni, mai incontrati prima, mai visti neppure in
foto o sentiti al telefono, e ciò a causa di antichi rancori, che li
hanno resi, di fatto, due soggetti estranei alla famiglia.
Ebbene,
sono entusiasta.
E
il bello che conoscevo già la fine (sono stata vittima consenziente
di spoiler), ma già sapevo, dopo aver guardato il trailer, che avrei
amato questo film a prescindere, soprattutto grazie alla trama e
all’orrore “d’atmosfera”, che cresce pian piano, insinuandosi
nelle crepe della realtà, fino a stravolgerla e a sovvertirla,
inducendoci a pensare che possiamo formulare qualsiasi ipotesi in
merito, sia pure di matrice fantastica…
La
soluzione, tuttavia, è sotto il nostro naso, coerente, logica, ma
non ovvia, i cui indizi, come in “The Village” o ne “Il sesto
senso”, ci vengono forniti dal principio, benché casualmente.
Ed
è potente l’escalation, la tranquillità e la simpatia che
divengono dubbio, e poi disagio, e poi ansia, e quindi paura, e
infine terrore selvaggio… E che magari sfumano, senza addivenire
alla tragedia paventata (entra nel forno, dice la nonna alla
nipotina), oppure ti travolgono e paralizzano, in piedi, in cucina,
oltrepassando ogni limite, ma senza sforare nella banalità…
Non
credo che la definizione di “horror” sia calzante, si tratta
piuttosto di un thriller… Ma strutturato in modo eccellente, con
interpreti notevoli.
Eccetto
la madre – che peraltro ha un ruolo marginale – non mi sono noti
i loro volti, non li ho mai focalizzati prima, ciò nondimeno gli attori
danno vita a personaggi eccezionali e ricchi di spessore… Dai due
amabili (e terribili) vecchietti ai ragazzini: non i soliti
adolescenti senz’anima, ma due persone autentiche, dotate di
sentimenti, non sempre ostentati, di profondità e insicurezze.
Persino
la scelta dell’ormai inflazionato finto documentario non risulta
stancante: semmai, invece, aiuta a dare un senso alla storia, a
sottolineare ciò che viene mostrato, offrendo ai protagonisti la
possibilità di confessarsi e confessare, schiudendo alla telecamera
la parte più nascosta di sé.
Solo
dell’odioso Rap di Puntina di Diamante avrei fatto a meno…
Spaventoso.
Anche se, ricordo, la paure è sempre squisitamente soggettiva…
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