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lunedì 30 maggio 2016

Squisitamente spaventoso

THE VISIT
di M. Night Shyamalan
(2015)


Ove si narra della visita dei nipoti, Becca e Tyler, quindici e tredici anni, ai nonni materni, mai incontrati prima, mai visti neppure in foto o sentiti al telefono, e ciò a causa di antichi rancori, che li hanno resi, di fatto, due soggetti estranei alla famiglia.
Ebbene, sono entusiasta.
E il bello che conoscevo già la fine (sono stata vittima consenziente di spoiler), ma già sapevo, dopo aver guardato il trailer, che avrei amato questo film a prescindere, soprattutto grazie alla trama e all’orrore “d’atmosfera”, che cresce pian piano, insinuandosi nelle crepe della realtà, fino a stravolgerla e a sovvertirla, inducendoci a pensare che possiamo formulare qualsiasi ipotesi in merito, sia pure di matrice fantastica…
La soluzione, tuttavia, è sotto il nostro naso, coerente, logica, ma non ovvia, i cui indizi, come in “The Village” o ne “Il sesto senso”, ci vengono forniti dal principio, benché casualmente.
Ed è potente l’escalation, la tranquillità e la simpatia che divengono dubbio, e poi disagio, e poi ansia, e quindi paura, e infine terrore selvaggio… E che magari sfumano, senza addivenire alla tragedia paventata (entra nel forno, dice la nonna alla nipotina), oppure ti travolgono e paralizzano, in piedi, in cucina, oltrepassando ogni limite, ma senza sforare nella banalità…
Non credo che la definizione di “horror” sia calzante, si tratta piuttosto di un thriller… Ma strutturato in modo eccellente, con interpreti notevoli.
Eccetto la madre – che peraltro ha un ruolo marginale – non mi sono noti i loro volti, non li ho mai focalizzati prima, ciò nondimeno gli attori danno vita a personaggi eccezionali e ricchi di spessore… Dai due amabili (e terribili) vecchietti ai ragazzini: non i soliti adolescenti senz’anima, ma due persone autentiche, dotate di sentimenti, non sempre ostentati, di profondità e insicurezze.
Persino la scelta dell’ormai inflazionato finto documentario non risulta stancante: semmai, invece, aiuta a dare un senso alla storia, a sottolineare ciò che viene mostrato, offrendo ai protagonisti la possibilità di confessarsi e confessare, schiudendo alla telecamera la parte più nascosta di sé.
Solo dell’odioso Rap di Puntina di Diamante avrei fatto a meno…

Spaventoso. Anche se, ricordo, la paure è sempre squisitamente soggettiva…

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