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giovedì 9 giugno 2016

Rimanere fedeli a se stessi

CAOS CALMO
di Sandro Veronesi


Questo è un romanzo che mi ha divisa, precipitandomi nella perplessità.
Ragiono “a voce alta”:
Da un lato ci sono quasi esclusivamente (e volutamente) personaggi volgari, piatti e squallidi, a cominciare dal protagonista. Fatui egocentrici che vivono con superficialità, facendo più attenzione a dare un prezzo alle loro cose che alle persone che stanno loro intorno.
Dall'altro ci sono eventi dal profondo impatto emotivo: due donne che stanno affogando, un lutto grave, l'apparente mancanza di reazione allo stesso, l'incapacità di soffrirne (e siamo ancora all'inizio)...
A tutto ciò viene affiancato un fatto stranoioso: la fusione di due grandissime aziende, che però, in parallelo, porta con sé altri enormi strascichi umani...
Per ogni input, se proprio non si è anestetizzati, è facile che scatti il meccanismo della solidarietà, a prescindere da chi e come vi è coinvolto, per il solo fatto che sono cose che, ahimè, sono brutte e possono succedere... Eppure l'autore non ci chiede empatia, anzi, sembra far il possibile per respingerla, per provocare il nostro sdegno, riprovazione, per indurci a sbuffare e farci sentire estranei...
E ugualmente la sofferenza dei personaggi, manifesta o no, è convenzionale, stereotipata... E anche questo pare un effetto ricercato.
E poi...
Da un lato lo stile mi piace: la scrittura è squisita contezza, ogni azione rappresentata con acribia, sottolineandone ogni sfacettatura, emozione, implicazione, quasi sfociando in un'analisi dettagliata al puntiglio, quanto congestionata e incalzante, tale da trasformare il pensiero in movimento...
Dall'altro lato la trovo stancante: mi soffoca, mi sopraffà, quasi mi vomitasse tutto addosso, di continuo, e io finissi col non riuscire a respirare, a dovermi imporre delle pause per scrollarmi il libro di dosso...
E tuttavia, quanto ho impiegato a leggere queste 451 pagine (pause incluse)?
Meno di quarantotto ore.
E qual è il titolo dell'opera (spiegato più volte all'interno della stessa)? Caos calmo. Già.
Non è che allora l'effetto è voluto?
E perché?
E' un altro modo di rimanere fedeli a se stessi, contrapponendosi a un copione scritto da altri in nome della normalità, e quindi di contrastare una realtà troppo banale per essere autentica e che ormai non fa più parte di noi, o una precisa volontà di denuncia?
Non lo so. Ma l'ermeneutica è la stessa che va applicata alla “ribellione” posta in essere dal protagonista, Pietro Paladini, che non piange, non strepita, nonostante il decesso della quasi moglie, e si pianta piuttosto dinanzi alla scuola della figlioletta decenne per starle vicino. E che fa sì che, alla lunga, lei venga derisa dai compagni.
Dunque?
Il punto più alto dell'opera è nell'ultima frase, e lì probabilmente si cela il paradigma...
Ma...
Non ho ancora capito se il romanzo mi è piaciuto o no.
Questo perché non ho ancora capito il romanzo, deve sedimentarsi ancora un po' nella mia mente...
Ecco, proprio per questo, ritengo debba essere letto.
Perché le opere non univoche, belle o brutte che siano, sono sempre le più interessanti.

E questo, alla fin fine, vale probabilmente di più.

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