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martedì 28 marzo 2017

Un decoroso sei e mezzo

LA RAGAZZA DEL TRENO
di Paula Hawkings


Sono scettica verso i casi letterari: di norma, se una cosa piace a tutti, non piace a me.
In questo caso, però, le critiche dei miei conoscenti erano così discordanti che mi è venuta voglia di verificare di persona. Inoltre mi attirava da morire la faccenda del treno: da assidua passeggera quale solo, pur non sapendo nulla della trama, mi sentivo un po' io la “ragazza” del medesimo (per fortuna non la sono, povera Rachel), tanto che ho vinto anche le mie riserve verso il genere giallo/thriller e mi sono buttata.
Ebbene, il mio giudizio si colloca esattamente a metà tra entusiasmo e delusione, strappandomi, tanto per chiarire, un decoroso sei e mezzo.
Il romanzo, infatti, non è bello, ma nemmeno brutto, per quanto senza dubbio sia scorrevole, scorrevolissimo. Almeno per le prime cento pagine circa. Poi, sebbene lo stile si mantenga buono e fluido, la narrazione un po' si arena a livello di contenuto, stagnando un pochino. Ma non è comunque malaccio. Al contrario, grazie alla mancanza di fronzoli e alle soggettive, quasi ci si dimentica di star leggendo.
Però...
I personaggi sono cinque in croce e si capisce subito che cosa è successo e quali colpe ha chi, quali sono gli equivoci e via dicendo. I colpi di scena, insomma, sono sull'ovvio andante e non sorprendono.
Inoltre, nonostante l'incipit originale, interessante, garbatamente pruriginoso, e l'ottima impalcatura dei primi capitoli – con alternati i punti di vista di Rachel, Anna e Megan – la storia è nel complesso un po' trita.
In compenso, mi piace molto il personaggio di Rachel, la protagonista. Non so perché. Come donna è terribile: insicura, ossessiva, fragile, senza orgoglio. Eppure la adoro, magari perché è fondamentalmente una persona buona, con una sua inscalfibile forza interiore, che le impedisce, nonostante tutto, di diventare piccola e meschina come le altre due. Che diamine, la verità è che un po' a lei mi ci sono pure affezionata.
In conclusione, dunque, perché sei e mezzo?
Perché ad ogni modo, a livello di mero intrattenimento, l'opera funziona, è un ottimo passatempo, e si merita un sette abbondante.
Ma non c'è altro.
E io da un romanzo tendo a volere di più. Qualcosa di eterno e peculiare che brilli per sempre. Che non mi faccia passare il tempo, ma mi permetta di investirlo. Che mi aiuti a crescere, a riflettere, a migliorare. O mi emozioni e mi faccia sognare. Che per un verso o per un altro abbia un sapore suo, unico e inconfondibile. 
Non che sia solo una storiella leggera e piacevole, il cui massimo pregio è dato dalla snellezza formale. 

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