THE RAIN
Mah.
Di buono c'è che sono solo otto episodi, che scorrono via abbastanza veloci, e il genere, postapocalittico, che adoro.
Di cattivo, tutto il resto.
Innanzitutto i personaggi: sono odiosi, egoisti e, a tratti, paiono deficienti, ponendo in essere comportamenti sconclusionati e privi di logica. Tutti, dal primo all'ultimo, sia pure per motivi diversi. Erasmus, però, vince la zavorra d'oro: il fratello che nessuno vorrebbe. Simone, la sorella (il cui nome ci fa stridere i denti ogni volta che viene pronunciato), fa tanto la santarellina dai buoni sentimenti, ma non si preoccupa di porre in pericolo la razza umana per il bene del fratello imbecille. E dato che la mela non cade lontana dall'albero, ci si può immaginare come sia il padre.
A tratti mi veniva davvero il nervoso: la serie è diseducativa e importa messaggi sbagliati e squallidi che, a mio avviso, la volontà di sopravvivenza non è sufficiente a giustificare.
Per il resto, l'idea della pioggia assassina non è pessima, però non viene sviluppata in modo adeguato, mentre la faccenda del virus, oltre a non essere esattamente originale, lascia un po' perplessi... In effetti, se si sta attenti, si notano contraddizioni sparse e un po' di bucherelli narrativi fastidiosi.
La questione della setta, invece, in principio, mi è apparsa piena di potenzialità, ma le cartucce sono state sparate via in fretta e alla fine ci siamo semplicemente ritrovati in un altro Terminus (si veda “The Walking Dead”). Con la differenza che qui il target è chiaramente adolescenziale, troppo, con tutte le stra-abusate conseguenze connesse: gelosie, amorazzi, infantilismi irritanti.
Parafrasando Danny Glover ai bei tempi di Arma Letale: sono troppo vecchia per queste str...
In effetti, in generale, non mi pare che la serie abbia molto da dire, e, di fatto, si cammina tanto, ma non si va da nessuna parte.
Si salva giusto l'atmosfera, desolata al punto giusto, se non addirittura mortalmente guasta. Ma, se vogliamo, nemmeno ciò è completamente plausibile e ci sono un po' di cose che fanno scena, ma restano lì, sospese, senza una reale ragione d'essere.
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