IL RE LEONE
di Roger Allers e Rob Minkoff
(1994)
Ho adorato questo cartone animato e ai tempi, quando è uscito, ero andata cinque volte di fila a vederlo al cinema, imparando a memoria le stupende canzoni in italiano e in inglese (avevo i cd), perfino quelle dei cattivi, orgogliosa e piena di entusiasmo.
Del resto, i personaggi sono eccelsi, ben caratterizzati, mai del tutto bidimensionali (Scar è malvagio, ma anche fascinoso e simpatico), e l'epica si mescola al romanzo di formazione, l'azione alla commozione: c'è magniloquenza nella pellicola, si avverte la grandezza della vita, del mondo, della giustizia, eppure ci sono anche siparietti comici, si sorride, ci si meraviglia, ci si emoziona ed esalta.
E' un film per famiglie, che intrattiene e alleggerisce la giornata, ma da cui è possibile altresì apprendere qualche buona regola di condotta (non “hakuna matata”, ma il suo superamento) e che non lesina sui momenti drammatici, alcuni di grande impatto emotivo.
Sotto il profilo tecnico è impressionante e tutt'ora il branco di gnu in corsa porta lo spettatore a tremare, così come ci sono alcune scene (si veda la fine di Scar) che sono quasi da horror, arrivando a segnare, per qualche istante, un cambio netto di registro.
E il tutto si mantiene in perfetto equilibrio, grazie anche ad un montaggio circolare d'eccezione.
Insomma, il giudizio non può che essere più che buono.
Più che buono, sì, ma non ottimo. Ottimo non se lo merita.
Il problema è la trama. Non che non sia bella, la è. Ma non posso scordare che sia atrocemente copiata. “Il Re Leone”, infatti, ha un enorme debito con la prima parte di “Kimba il Leone Bianco” di Osamu Tezuka (manga del 1950 circa, ma pure anime arrivato in italia nel 1977, uno di quelli con cui i ragazzi della mia generazione sono cresciuti), ed, anzi, ne è quasi la copia americana, meno drammatica, meno complessa, e depauperata della tematica ecologica (e non solo).
E' vero, e infatti il sostrato narrativo è pressoché identico.
Ma Tezuka ha saputo scopiazzare in modo originale, arricchendo la trama di base a dismisura, rendendola più profonda e impegnativa, e operando diversi cambiamenti sostanziali che sono riusciti a dar luce a qualcosa di nuovo e personale, che non ci fa più pensare a Bambi, ma che è diventato Kimba, appunto, e non può essere altro.
Per chi conosce Tezuka, invece, è impossibile dimenticare il debito de “Il Re Leone”, persino mentre lo si sta guardando e si è avvinti dalla trama. E nel confronto, nonostante l'impeccabilità tecnica e il budget, la Disney perde. Perché non ha aggiunto, ma ha sottratto. Benché poi abbia rivestito tutto di magistrali musiche e colori.
In realtà, la faccenda non sarebbe poi così grave se la Disney fosse stata onesta e lo avesse ammesso, ma ricordo benissimo che quando il film era stato lanciato si insisteva a martello sul fatto che per la prima volta la storia fosse completamente originale.
Completamente una cippa.
E infatti in Giappone “Il Re Leone” non se lo è filato nessuno.
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