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mercoledì 31 ottobre 2018

Sulla carta nessuno può sentirti urlare

ALIEN
di Alan Dean Foster


La storia la conosciamo tutti, il film anche... Il romanzo (che poi è una novelization, vale a dire l'adattamento della sceneggiatura) magari, no.
Ma non è una novità, è stato scritto nel 1979.
La trama è la medesima della pellicola – sebbene non assolutamente fedele, atteso che ci sono delle differenza, neanche sempre marginali – ma, visto il diverso mezzo di comunicazione, permette di comprendere meglio tanto la psicologia dei personaggi, quanto le questioni umane (e non) sottese alla vicenda,  incluse le necessità di sopravvivenza del nostro alienaccio prediletto, con il quale riusciamo persino ad immedesimarci un po'. 
Certo, inevitabilmente, la parola scritta ci riporta alle scene più famose del film e ai suoi interpreti (si può immaginare Ripley diversa da Sigourney Weaver?), ma, allo stesso tempo, le ricostruisce per noi con sfumature nuove e leggermente diverse, a volte persino più piene.
Meno tensione, quindi, e più introspezione, meno ansia, ma più amarezza, solitudine, desolazione. E persino più simpatia verso il gatto Jones.
Sganciandosi, dal film, comunque (che, mi dispiace, a me ha sempre dato una certa sonnolenza... tanto più che – lo affermo a costo di rischiare il linciaggio – al capostipite di Ridley Scott preferisco di gran lunga il secondo capitolo, Aliens – scontro finale, di James Cameron), dopo l'asetticità iniziale, si rimarrà ben invischiati nella vicenda, tanto che il volume, già di per sé non troppo lungo, si finirà in un attimo. Lo stile, infatti, nonostante qualche tecnicismo, è scorrevole e rapido, e privilegia l'azione, pur contornandola di quel po' di riflessione/empatia necessaria per farcela vivere completamente.
Per i fan, e per chi, comunque, ha sempre voglia di una seconda metabolizzazione.

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