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giovedì 6 febbraio 2014

In lotta contro la mediocrità


L'ELEGANZA DEL RICCIO
di Muriel Barbery
 
 
Un caso editoriale. Il solito romanzo, ho pensato quindi con diffidenza, collazionato per le masse, senza passione, senza bellezza, che viene apprezzato solo perché anche le casalinghe frustrate sono in grado di arrivare a leggerlo sino alla fine.

Falso. Non è affatto male, in realtà, e mi sono dovuta ricredere.

Non per i pregi artistici, non per la trama, infarcita di cliché, che spesso incespica e si sviluppa in modo improbabile, non per lo stile, eccessivamente prolisso, non per i personaggi... ma per l'anima sofferente che comunque si affaccia dietro le parole, che urla, che impreca, per il bisogno disperato di rivincita di un'anima vilipesa e ignorata, che tenta un'affermazione di sé, per la solitudine e per l'amarezza di chi non si arrende, ma proclama a gran voce la propria indignazione, il proprio isolamento (per certi versi, forse, anche colpevole)...

Non bisogna lasciarsi scoraggiare dall'inizio lento e spocchioso, dalla pretenziosità della scrittura o dalle protagoniste snob, superficiali e supponenti. Perché man mano andiamo avanti cominciamo a capirle, a sentire la loro rabbia e il loro andare alla deriva, e non possiamo che comprendere e immedesimarci. Perché siamo al cospetto di due donne incatenate alla loro solitudine, in lotta contro la mediocrità: Reneé, una portinaia vedova di mezz'età, e Colombe, una dodicenne ricca e superdotata, soffocata da una famiglia i cui legami si fondano sull'apparenza, che hanno nella cultura e nella ribellione intellettuale l'unica salvezza possibile, almeno finché non si scoprono a vicenda.

Ed è bello assistere all'incontro delle due anime, che si riconoscono, finalmente, grazie al nuovo vicino di casa, il distinto e fascinoso giapponese, Kakuro Ozu.

E' tutto ciò è bello perché umano, perché profondo, e ci tocca, e ci commuove, nonostante tutto, superando la cornice narrativa ingenua e traballante.

La fine è amara, purtroppo, la fiaba di Cenerentola resta priva del suo doveroso lieto fine, ma allo stesso tempo, una vita è stata salvata. Forse due. Ed è intenso ed emozionante quel che avviene prima.

E' vero, in certi punti il libro è poco verosimile e magari certi colpi di scena si potevano evitare, gli stereotipi, poi, non mancano... ma pazienza.

I riferimenti filosofico-letterari sono godibili (in particolare quelli ad Anna Karenina), e quando la narrazione decolla diviene coinvolgente e induce a dimenticare il resto.

Nel complesso, anche se non è un capolavoro, il romanzo ha dunque le caratteristiche per essere letto volentieri, senza essere dimenticato.

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