ARANCIA
MECCANICA
di Anthony Burgess
Tutti
conoscono il film di Kubrick, pochi il romanzo di Burgess.
Che,
per quanto mi riguarda, è decisamente più appassionante, più
incisivo, più sperimentale. Più bello. A partire dalla scrittura,
che dà luogo ad un nuovo linguaggio, fatto di parole inventate e di
guizzi improvvisi. Cui però bisogna avere la pazienza di abituarsi
(basta qualche pagina).
Tanti
sostengono il contrario, che sia meglio il film. De gustibus... La
scelta migliore, peraltro, è sempre la stessa: provare entrambi e
decidere con la propria testa.
La
trama è suppergiù identica: Alex è un ragazzaccio che riassume il
suo credo nella violenza e in Beethoven. Trascorre le giornate a
compiere efferatezze con gli amici e ad ascoltare musica, sino a che
finisce in un centro di rieducazione, che si rivela ancora più
crudele di lui. Che ne snatura la personalità, sino ad impedirgli di
ascoltare il suo Ludovico Van senza rischiare di impazzire, e lo
lascia, inerme, in balia di un mondo cambiato e di chi esige
(comprensibilmente) vendetta verso di lui...
Un
libro che non è solo libro, ma anche denuncia sociale... Ce l'ha con
la violenza, ma ancora di più col sistema che la permette e
alimenta... E persino con i Looney Tunes, se vogliamo... Ma che,
soprattutto, discetta (senza discettare) sul libero arbitrio. Perché,
in sostanza, se uno vuole votarsi al sangue è giusto che possa
farlo, affrontandone le conseguenze. Non che sia costretto a condurre
una vita non sua rinnegando se stesso...
E,
diamine, nostro malgrado, alla fine Alex ci è quasi simpatico.
Un
romanzo lucido, intelligente, spietato.
E
che, fra le righe, pone un altro interrogativo: siamo davvero noi a
scegliere la violenza? O (nel futuro distopico in cui è ambientato
il libro) è il sistema ad imporcela, in un modo o nell'altro, per
sopravvivere?
La
vicenda dello scrittore farebbe propendere per la seconda
soluzione...
L'unico
neo è il finale buonista e rassicurante. Ma (sorpresa!) non c'era
nella prima edizione...
Quindi?
Perché
è stato inserito? E da chi?
Ai
posteri l'ardua sentenza.
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