SAHARA
di Clive Cussler
Clive
Cussler non mi fa impazzire, men che meno il suo Dirk Pitt, Direttore
dei Progetti Speciali della N.U.M.A. (National Underwater &
Marine Agency), playboy, scavezzacollo dalle mille risorse, nonché
protagonista della maggioranza dei suoi successi, che trovo vagamente
antipatico e altamente irritante (tanto che ho iniziato ad odiare gli
occhi verdi). Come quasi tutti gli altri personaggi, comprimari,
ricorrenti o di mero di contorno, Al Giordino (spalla e collega di
Pitt) compreso: troppo leccati, patinati, piatti, e scarsamente
autentici.
Tuttavia,
devo riconoscere, quando uno è azzerato mentalmente e fisicamente,
piuttosto che lobotomizzarsi davanti alla televisione, può benissimo
concedersi un romanzo di Cussler. E magari trarne anche un po' di
piacere (i riferimenti storici sono curati, variegati e spesso
stimolanti, mentre le descrizioni relative all'ambiente e le scene
d'azione non sono male).
Ecco
perché in gioventù ne ho letti diversi (ora, sinceramente, non ce
la faccio): sono semplici, veloci, con un buon ritmo e regalano
avventura... Di di tipo marchiato best seller, okay, abbastanza
prevedibile, patinato e scontato, ma per questo confortante, dato che
i cattivi (spesso cattivissimi) finiscono come devono finire e
l'happy end non manca mai...
Tra
tutti (quelli che ho letto io e che hanno la tendenza a confondermisi
in testa, dato che, a leggerli di seguito, sono abbastanza simili fra
loro – ad esempio: “Dragon”, “Tesoro”, “Enigma” e
“Recuperate il Titanic!”...) “Sahara” è quello meglio
caratterizzato e più incisivo, in cui i personaggi hanno un
millimetro di spessore in più rispetto al consueto (a volte lo
sgradevole Pitt ha quasi una scintilla di fascino), e la trama è
tutto sommato avvincente, soprattutto nel suo incipit: un'invasione
di alghe rosse che divora l'ossigeno e rischia di compromettere
l'intero pianeta... Così come degno di interesse è il tema del
tiranno malese, che spunta più avanti...
Clive Cussler ritratto dal nostro vignettista
Non
è una lettura impegnativa, e non chiede molto al lettore.
Soprattutto di intrattenerlo. E lo fa, ci riesce, anche abbastanza
bene, seppur esagerando spesso e talvolta sparandole grosse. Ma
questo non mi pare un grosso difetto: la plausibilità di fondo c'è,
e tanto basta (anche se avrei fatto a meno delle premesse sulla
corazzata Texas e sull'aviatrice Kitty Mannock, che, anziché
incuriosirmi, mi sembrano solo dispersive e allunga-brodo).
Il
problema, per quanto mi riguarda, è proprio Pitt: lo detesto. Oltre
al fatto che ha un nome orribile, perché mi fa venire voglia di
prenderlo a cartoni in faccia...
Ma
il romanzo si lascia leggere, pur senza entusiasmi...
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