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mercoledì 12 novembre 2014

Un prodotto più che discreto


DYLAN DOG – VITTIMA DEGLI EVENTI

(film di circa 50 minuti realizzato dai fan, col permesso degli aventi diritto, e visibile gratuitamente su YouTube)

scritto da Luca Vecchi e diretto da Claudio di Biagio

 
Sostanzialmente un atto d'amore, tenero e commovente, verso un personaggio di carta che ha visto tempi migliori (a tal proposito mi richiamo ai miei post del 19/3/2014 e del 13/10/2014).

Se dovessi parlarne come del lavoro dilettantesco di un gruppo di appassionati direi che è un capolavoro e farei i complimenti a tutti, ma visto l'impegno profuso dagli autori lo recensirò con maggior rispetto (e quindi maggior severità), esattamente come se si trattasse di un'opera di professionisti che ho visto al cinema e per cui ho pagato il biglietto (anche se, per carità, tra i componenti del cast c'è anche chi lo è veramente, un professionista)...

Intanto colpisce l'accuratezza straordinaria con cui sono stati costruiti fisicamente i personaggi, e poi la realizzazione di ambienti e costumi, che a tratti sfiora l'eccellenza. Certo, Bloch con la barba fa un po' specie, e dovrebbe essere più imponente (ho capito che è Alessandro Haber, però, Giuda ballerino!), ma Dylan e Groucho sono somigliantissimi, Madame Trelkovski (una splendida Milena Vukotic) è eccezionale, mentre Hamlin è stato reinterpretato in modo interessante. Dispiace un po' per l'ambientazione romana, che a tratti stride parecchio (con tutto che la fotografia è molto bella e che comprensibilmente girare a Londra sarebbe stato eccessivamente costoso), ma la casa della Trelkovski, la porta rossa di Dylan o il corridoio di casa sua, sono praticamente perfetti. Forse lo studio si poteva realizzare meglio: sembra troppo ampio ed eccessivamente caotico, ma nel complesso rende bene l'idea (c'è pure il poster di “The Rocky Horror Picture Show”), e stupenda e suggestiva è la trovata delle Vestali.

In quanto ai personaggi veri e propri... beh, qui qualche critica da fare emerge: le idiosincrasie e le particolarità ci sono tutte, ben calibrate, e rese con sufficiente naturalezza (più o meno), ma la voce di Dylan è abbastanza sgradevole e l'interprete spesso tende a mangiucchiarsi le parole (presto ci si abitua, ma all'inizio è abbastanza traumatizzante, specie perché sovente DD deve pronunciare frasi lunghe). La cosa che spiace di più, però, non è questa (che in fondo è una piccolezza), ma la pesanezza del personaggio: è vero che Dylan è un tipo malinconico, ma le sue caratteristiche migliori sono l'autoironia (qui quasi del tutto trascurata), la capacità di immedesimazione del prossimo, l'impulsività, la passione... Anzi, nel complesso questo DD è non solo troppo serio, ma pure pedante, freddo, rigido! Peccato. Il Dylan di “Vittima degli eventi” potrebbe al più essere avvicinato un poco a Francesco Dellamorte, ma a Dylan Dog... no davvero (certo, considerato che nei ringraziamenti finali è soprattutto a Roberto Recchioni che ci si rivolge, capisco che l'autentico spirito del personaggio – che poi è quello dello stesso Sclavi – possa essere stato dimenticato...)! Groucho se la cava assai meglio (accento a parte), e nel complesso è davvero simpatico, benché con sfumeture diverse rispetto “all'originale” cartaceo, però avrebbe potuto essere più incalzante, e avere più verve.

Anche la Trelkovski (che pure mi è piaciuta tantissimo), avrebbe potuto essere un pizzico più sorniona, mentre Hamlin (che ugualmente ho apprezzato) mi avrebbe dovuto essere un poco più sghignazzante e malefico, meno dolente, anche se indubbiamente, anche così, non è privo di fascino...

In quanto alla trama, i pregi sono più a livello evocativo che contenutistico: molto carina e ad effetto la scena iniziale (con stimolanti scelte registiche in quanto ad inquadrature), labile e non molto coinvolgente il caso in sé, che tende ad essere dimenticato e a passare in secondo piano, ma degna di nota la rivelazione finale, con i riferimenti a Beatrice Cenci e al multiverso (che sanano e giustificano le stonature legate all'ambientazione romana, finendo, anzi, con l'aggiungere qualcosa in più, una nota raffinata e profonda, che un po' rimanda al DD n. 43, “Storia di Nessuno”).

Certo, alcuni passaggi sono davvero superflui e pretestuosi, altri un poco confusi, e i tempi, talvolta, andrebbero lievemente ristretti perché compromettono il ritmo, ma pazienza, perché la bellezza di quest'opera sta anche nelle intenzioni, nel gusto per i dettagli, negli ammiccamenti ai fan... E, in tal senso, ci vengono offerte un sacco di emozioni straordinarie, quali: la “materializzazione” del maggiolone (e della sua targa), di Glenda e Dora... e persino di Safarà (che è uno spettacolo)! Deliziosa, poi, la diatriba violino/clarinetto/Guitar Hero, che, forse, vuole solo essere qualcosa a metà fra un omaggio a Sherlock Holmes (che il Dylan dei primi numeri in tante cose gli si ispirava) e un aggiornamento/battuta, ma che forse, invece, è un altro richiamo al n. 43 (e la faccenda del multiverso potrebbe indurmi a rafforzare questa convinzione), in cui però Dylan suonava il sax... Anche se la mancanza de “Il trillo del diavolo” si accusa.

Infine, neanche gli effetti speciali sono malvagi: al contrario, sono rimasta piacevolmente sorpresa, mentre il finale con la citazione di “Golconda” è un vero colpo di genio, oltre che magnifico sotto l'aspetto estetico (comunque sempre curato, non solo a livello visivo).

Nel complesso, comunque, un prodotto più che discreto, per cui i complimenti a tutti sono assolutamente doverosi! Grazie!!!

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