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giovedì 6 novembre 2014

Surreale, nelle sue premesse assurde


SMITH & WESSON
di Alessandro Baricco
 
 
Non sapevo neppure che fosse uscito, l'ho trovato per caso, in libreria, scoprendo che ha pure il 25% di sconto (non ricordo fino a quando, ma conviene affrettarsi).

Io adoro Baricco (si veda post 30 agosto 2013) e non me lo sono fatto sfuggire!

E, come al solito, quando acquisti un suo libro, non sai mai che cosa può capitarti... Questa è una pièce, e i protagonisti di cognome si chiamano proprio così, Smith e Wesson, ma non hanno nulla a che fare con armi e pistole... Ridicolo? L'alternativa è chiamarli Tom e Jerry, i loro nomi di battesimo... e così viriamo nel surreale.

E quest'opera la è, surreale, nelle sue premesse assurde e fantasmagoriche, dal retrogusto tragico, ma vitale, portatrice di una morale inconsueta, ma forte, affascinante, che è quella che dà nerbo a tutta la vicenda, la quale, altrimenti, si ridurrebbe ad essere solo “carina” e “divertente”.

Solo che finisce nel distanziarsi parecchio da entrambi gli aggettivi. E questo, sia chiaro, non è un difetto, ma un grosso pregio.

Perché lascia perplessi e scuote, è diversa da qualunque cosa, realizza una crescita nel lettore, ed è semplice e superficiale nella stessa misura in cui è intensa e profonda.

Siamo nel 1902, Cascate del Niagara: Wesson di professione recupera cadaveri dal fiume; Smith è un meteorologo che gioca sulle statistiche... Ma per calcolarle deve cimentarsi in montagne di interviste alla gente comune, roba tipo: quando ti sei sposato? Il 21 giugno 1877? Ebbene, che tempo faceva? Oppure... quando hai recuperato il tuo ultimo corpo? C'era il sole?

Gli esiti, frammentari e curiosi, sono pieni di poesia, e alla fine qualcosa ci viene concesso di leggere.

Ma soprattutto sono una bella coppia quei due: Smith & Wesson, Tom & Jerry. Appena conosciutisi già fanno scintille, modello cabaret, offrendoci dialoghi serrati, in cui si stuzzicano, si punzecchiano, divenendo l'uno il complemento dell'altro. Ma poi arriva Rachel, ventitré anni, aspirante giornalista, e la prospettiva cambia, si fa più seria, più tesa... Oh, non aspettatevi parentesi amorose, non ce ne sono. Piuttosto, c'è la possibilità di realizzare qualcosa. Di bizzarro, di ardito, ma che ha significati che vanno al di là del progetto di base.

I vertici si toccano con il monologo della signora Higgins, quando la pièce acquisisce il suo perché. Che non ci viene spiegato, ma che comunque ci folgora.

Un libro brevissimo, che si legge nel corso di in un viaggio in treno (uno di quelli corti, veloci, in cui stranamente il regionalaccio è pure puntuale). Ma che poi, dopo che hai riposto il volumetto, continua a sguazzarti in testa per giorni, e un po' anche nel cuore.

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