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venerdì 28 novembre 2014

Solitudine e tristezza


LES REVENANTS
 
 
I ritornanti.

Dalla morte.

Ma non sono zombie, anzi hanno un aspetto normalissimo. Direi che dunque siamo sulla stessa linea di “Resurrection” (successivo, ma da noi arrivato prima), in cui il punto focale sono i drammi umani, non l'orrore, e, in particolare, le reazioni dei vivi, lo sconcerto di ritrovare i propri cari alla cui perdita ci si era già rassegnati, e i meccanismi che ciò innesca, a più livelli: individuali e non.

E poi ci sono le reazioni dei morti che ritornano, che non ricordano di essere deceduti o di quello che è successo in mezzo, laddove i vivi, invece, vogliono risposte, e tutti hanno bisogno di un motivo, di un significato... Perché accade tutto questo? Chi determina chi “resuscita” e chi no?

Qui, rispetto a “Resurrection”, c'è meno fantascienza, meno adrenalina, le scene scorrono con maggior lentezza, ma una lentezza che ha il suo peso, quello del silenzio, che ti sconcerta e ti lacera. E che resta. Stagna. Fermenta.

Non c'è un protagonista unico, la storia è corale e c'è spazio per il bambino come per l'adulto. A poco a poco i caratteri si definiscono e si scoprono gli altarini, gli scheletri nell'armadio, e forse si intuisce un disegno...

La serie è piuttosto stimolante, con personaggi dai caratteri forti, complessi e problematici, molto sfumati e molto umani, che in soli otto episodi riescono persino ad evolvere; un'atmosfera perfetta e gravida di solitudine e di tristezza, ma non senza sprazzi di speranza; e una colonna sonora inquieta (di Mogwai), che ti si insinua in testa.

Ma non basta: perché ci sono altri elementi sapientemente sparsi che suscitano domande ed interesse e che vanno al di là dei singoli destini: la diga e la città sotto di essa, i poteri che sembrano avere i defunti ritornati, e quelle macchie di putrefazione che a poco a poco si estendono sui loro corpi intatti, e la ferita sulla schiena di Lena, la gemella di Camille, viva e quindicenne, mentre la sorella è morta quattro anni prima, ritornata, ed è rimasta com'era a undici anni...

Verso il finale (che più aperto di così non si poteva, e che suscita molte domande e nessuna risposta, preannunciando la seconda stagione) abbiamo un cliffhanger in cui capita di tutto e si comincia a cogliere una parvenza di legame e di motivazione, che solletica, ma che non offre certezze: solo la possibilità di avanzare ipotesi.

Tra le scene che ho preferito, considerando tutta la serie, c'è quella iniziale in cui prima si inquadra una teca da entomologo con le farfalle trafitte dagli spilli e poi si nota una delle molte farfalle defunte, una soltanto, che comincia a battere le ali, sino a rompere misteriosamente il vetro e a volare via...

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