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domenica 16 novembre 2014

Un capolavoro immenso


DELITTO E CASTIGO
di Fedor Dostoevskij
 
 
Che dire, a parte che è un capolavoro? Dostoevskij scrive da dio (assai più orgasmatico di Tolstoj), è acuto, penetrante, ricco di dettagli, delinea la psicologia dei suoi personaggi come nessun altro, e “Delitto e Castigo” è forse il suo romanzo più noto (ad essere onesti-onesti io ho preferito “I Fratelli Karamazov”, ma va bene lo stesso, anche se lo sguardo di comprensione che intercorre fra Razumichin e Raskol'nikov alla fine della quarta parte – mi sembra – è forse, narrativamente parlando, il momento più alto di cui abbia mai letto...). Sublime.
 
Dostoevskij, nella caricatura del nostro vignettista.

E anche curioso, in fondo: perché, in un certo senso, il delitto andava “moralmente” compiuto – quasi – mentre del castigo, tutto sommato, noi avremmo fatto a meno... noi lettori, magari, nel senso che perdoniamo subito Raskol'nikov per l'omicidio... il problema è che lui non perdona se stesso e sprofonda nell'angoscia e nella solitudine più nere (e quando per strada gli viene sussurrata la parola “omicida”, io non ho potuto trattenere un brivido)...

Per il resto, sì, “Delitto e castigo” viene considerata una lettura impegnativa. Perché è lunga, profonda, riflessiva e divinamente redatta... Ma attenzione ai pregiudizi: non è un mattone, anzi l'inizio è piuttosto incalzante, e serve per entrare in confidenza con lo stile munifico di particolari dell'autore... Ma poi, quando la storia comincia un poco a rallentare, divenendo più meditativa e lasciando meno spazio all'azione (che comunque non scema mai del tutto), subentrano in noi la dipendenza da questa prosa perfetta e, sì, anche il febbrile bisogno di sapere come se la caverà (se se la caverà) il nostro eroe. In questo senso, invero, il titolo ci rivela già molto, tuttavia senza rovinarci il finale o il percorso del protagonista (il vero succo dell'opera), che, comunque, è meno terribile di quanto ci si sarebbe potuti aspettare... Non per gli eventi in sé, quanto piuttosto per come Raskol'nikov affronta i fatti e finisce per cambiare prospettiva, maturando e divenendo una persona migliore.

Non dirò altro, in merito, se non che, come spesso accade nel nostro Fedor, nella trama troverà posto pure l'amore... Un po' tragico e un po' disperato, magari (come sempre), ma comunque amore con la maiuscola...

Un capolavoro immenso, etico, che esplora svariate tematiche, che si pone interrogativi e propone critiche e dilemmi, percorso da uno straordinario (e ottimistico) afflato religioso...

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