LA
LUNGA VITA DI MARIANNA UCRIA
di Dacia Maraini
Soprattutto
un romanzo sulla miserevole condizione della donna nell'arcaica e
contraddittoria Sicilia del 1700, aberrante sotto molti aspetti,
allucinante sotto altri, la cui protagonista, Marianna, nobile della
famiglia Ucrìa, costretta a tredici anni a sposare il vecchio zio,
tuttavia, anziché abbattersi su se stessa e ammutolire nella
rassegnazione (espressione non casuale) riesce a trovare un modo per
sopravvivere ed affermarsi, elevandosi al di sopra del mondo gretto e
meschino che la circonda.
Il
suo apparente handicap, infatti, il sordomutismo, non congenito ma
sopraggiunto nell'infanzia, è dovuto ad un terribile segreto,
facilmente intuibile, certo, ma che qui desta scalpore non tanto in
virtù della prevedibile rivelazione -colpo di scena, quanto
piuttosto per le sue implicazioni e per l'analisi puntuale –
mostrata, più che argomentata – che l'opera svolge a livello
sociale, storico e intimo.
Una
vita lunga, dunque, quella di Marianna – come ci informa il titolo
– in cui non accade nulla e succede tutto, in cui assistiamo al
destino dei suoi familiari e seguiamo il suo, quello che lei decide
di costruirsi, scoprendo a poco a poco che non è costretta a seguire
le regole imposte dal suo ceto, e in cui i fatti sono importanti
nella misura in cui assumono il suo punto di vista e con lei si
confrontano.
Sotto
il profilo narrativo è sicuramente un romanzo piacevole, con
espressioni interessanti e garbate, uno stile scorrevole, ma
puntiglioso, capace di emozionare e di suggestionare con le parole,
senza limitarsi a confezionare frasi scontate, ma ricercando la
bellezza in ogni vocabolo.
Breve,
rapido, ma complesso, denso di risonanze, di musicalità, di dettagli
fra le righe, e capace di lasciare una traccia di sé.
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