IL
BUIO OLTRE LA SIEPE
di Harper Lee
Dapprima
si rimane incantati dalla prosa semplice e immediata della
scrittrice, capace di coinvolgere sin dall'incipit, con simpatia e
con leggerezza, anche se la storia che ci verrà narrata, per quanto
vissuta attraverso gli occhi di due bambini, per quanto ci farà
ridere e spesso sorridere, già lo sappiamo, ci toccherà nel
profondo, scuotendoci la coscienza, commuovendoci, ed arrivando
dritta al nostro cuore.
Poi
sono i personaggi a rapirci: Scout, piccola e pestifera (sei-otto
anni), irresistibilmente pragmatica, con una logica ferrea e
implacabile capace di spiegare qualunque cosa, ma anche di porre le
domande giuste, quelle che davvero ti mettono a nudo; Jem, suo
fratello maggiore, più riflessivo, più sensibile, dolcissimo; e poi
lui, Atticus Finch, il papà, l'avvocato che tutti vorrebbero avere,
un uomo che, parafrasando le parole della vicina, “in casa si
comporta come fuori”. Idealista, coraggioso, integerrimo. Eppure a
vederlo è solo uno stanco gentiluomo di mezz'età, colto, gentile,
placido, con un discreto senso dell'umorismo e la passione per la
lettura serale. Chi lo direbbe che in gioventù con il fucile era il
migliore della contea? Odia le armi e non ne possiede...
Conosciamo
il paesino di Maycomb, nell'Alabama degli anni '30, le sue ipocrisie
– che spesso ci suonano divertenti, fino a che non ci fanno
indignare – la sua multiforme umanità (che sovente è qualcosa di
più di quel che sembra, ma a volte anche qualcosa di meno), le
vicine, l'assurdo metodo di insegnamento di Miss Caroline, e
personaggi bellissimi, magari tratteggiati con poche righe, come la
signora Maudie, o il signor Cunningham, o boo Radley...
La
parte più intensa, però, quella più bella di tutte, è quella del
processo, in cui sogghignamo con il Giudice, ci commuoviamo con Dill,
speriamo con Jem... E poi ci arrendiamo di fronte alla realtà,
trovandoci a fare i conti con essa.
E
forse dei motivi per consolarci ci sono lo stesso, ma così piccoli,
così minuscoli, che non è semplice coglierli.
Il
tema affrontato è quello del razzismo, della discriminazione, che
viene studiato da più punti di vista (“mettendoci nei panni degli
altri”), svolto in modo quasi corale, grazie a più verità
sovrapposte, di contorno alla vicenda principale, con un'acutezza
dolorosa ed esatta, che Atticus, Scout e Jem ci permettono di
interpretare nel modo più tollerante, ma anche più impietoso,
accompagnandoci mentre traiamo le nostre conclusioni, dopo lo SBAM!
che abbiamo preso in faccia.
Il
finale, poi, ci sorprende con una morale implicita, suscettibile di
ermeneutiche difformi, che potrebbe far discutere molto, ma che io
trovo realistica, brillante e perfetta.
Sinceramente,
questo è uno dei miei romanzi preferiti.
E
Atticus è uno dei personaggi più belli della letteratura (anche se,
non posso farci niente, io preferisco Scout).
Un libro in crescendo, parte piano, poi ti prende, e alla fine ti colpisce ma con un finale che anche se realistico, e forse "il migliore tra i finali possibili", sancisce comunque la sconfitta dell'uguaglianza e della giustizia ... tristezza!
RispondiEliminaE' vero, ma è proprio questo che lo rende meraviglioso... Il fatto che l'autrice non cerchi di propinarci la solita favoletta in cui tutto va come dovrebbe... e come di fatto non va mai... La verità è che purtroppo, per quella che è la mia esperienza, uguaglianza e giustizia esistono solo su carta. Bau!
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