LA
VITA, ISTRUZIONI PER L'USO
di
Georges Perec
Un
romanzo peculiare, che non assomiglia a nessuno, più “in potenza”
che “in atto”, geometrico, surreale, teso al paradosso, dalla
intensa cerebralità, che prima ti sconcerta e poi ti affascina.
Diciamo,
molto semplicisticamente, che narra degli inquilini di un palazzo
parigino dedicando un capitolo ad ogni stanza del caseggiato, meno
una.
Però,
anche se il nostro quando è individuabile con precisione (23 giugno
1975, otto di sera circa, appena dopo la morte del protagonista,
l'eccentrico miliardario Percival Bartlebooth) le storie spaziano
anche nei cento anni precedenti e in fondo il protagonista non è poi
così importante, per quanto senz'altro un tipo curioso. Ciò non
solo per il proliferare di intrecci (scatole cinesi dentro scatole
cinesi), ma soprattutto perché a farla da padrone è se mai la
struttura del libro, che assurge a “macchina per ispirare racconti”
grazie alle sue liste di cose (nel senso più ampio del termine) che
dovrebbero poi essere in qualche modo incluse nel capitolo di
riferimento.
Se
non l'avete letto immagino che il commento più comune possa essere:
“Eh!!!????”
Avete
ragione, in effetti siamo di fronte ad un complesso meccanismo
mentale su carta, più che ad un romanzo, alla sovrastuttura delle
sovrastrutture narrative, ad un puzzle, piuttosto, in cui ogni
tassello viene esaminato nel dettaglio in ogni suo elemento, con uno
spiccato gusto per l'enumerazione prima, di essere accostato agli
altri a acquisire significato, spesso doppio.
Attenzione,
però, questo è uno di quei libri che richiedono la collaborazione
del lettore, nel senso che qualcosa, perché il mosaico finale si
formi, deve mettercelo anche lui o non riuscirà a vedere nulla,
nonostante gli indizi sparsi ovunque.
Sarà
per questo che alla fine manca un tassello?
Io
scommetterei di sì.
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