MOBY
DICK
di
Herman Melville
D'accordo,
per certi versi è impegnativo... Non tanto per la lunghezza, in sé
per sé gestibilissima, quanto piuttosto per i terribili inserti
“pseudo naturalistici” che Melville, credo per puro sadismo, ha
distribuito qua e là (ma soprattutto all'inizio) nel romanzo...
Dissertazioni annose sui vari tipi di balena e sui prodotti che se ne
possono ricavare: da taglio delle vene, a dir poco... Però...
Però
il resto è magnifica e pura perfezione (anche se naturalmente si
consiglia di leggere l'opera nella traduzione di Cesare Pavese), il
linguaggio è alto, poetico, contorto, gastrico, pieno di pathos e di
emozioni... I personaggi sono stupendi, sin dai nomi (come non
rimanere ipnotizzati da Tashtego? O da Queequeg? Come non
adorare/odiare il comandante Achab?)... E poi ci sono l'inseguimento,
la vendetta, le riflessioni, la follia, le morti ingiuste, la lotta
eterna tra uomo e natura, tra bene e male, pure, totali, avvincenti,
che ti intrappolano le budella e ti carpiscono i pensieri...
Perché
Moby Dick è soprattutto tormento, ossessione: una balena che da
cetaceo diviene nemico mortale e quindi divinità bianca, Dio,
feticcio, senziente e volente, capace di odio e di accanimento, e
infine un limite da superare per affermare se stessi... Ma da quando
l'uomo può sconfiggere un Dio?
Un
classico della letteratura che ha il sapore del sangue e del mare,
dell'allegoria, e che, tra riferimenti biblici ed echi
shakespeariani, ti trasporta proprio lì, sulla Pequod, permettendoti
di vivere tutto in prima persona, sentendo lo sferzare delle onde e
avvertendo la tensione in ogni atomo di te...
La
fine sarà dolorosa, naturalmente, ma così bella... Così intensa...
Così grandiosa... Ed è già nel principio, se si vuole stare
attenti ai presagi...
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