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venerdì 18 ottobre 2013

Magnifica e pura perfezione


MOBY DICK
di Herman Melville

 
D'accordo, per certi versi è impegnativo... Non tanto per la lunghezza, in sé per sé gestibilissima, quanto piuttosto per i terribili inserti “pseudo naturalistici” che Melville, credo per puro sadismo, ha distribuito qua e là (ma soprattutto all'inizio) nel romanzo... Dissertazioni annose sui vari tipi di balena e sui prodotti che se ne possono ricavare: da taglio delle vene, a dir poco... Però...

Però il resto è magnifica e pura perfezione (anche se naturalmente si consiglia di leggere l'opera nella traduzione di Cesare Pavese), il linguaggio è alto, poetico, contorto, gastrico, pieno di pathos e di emozioni... I personaggi sono stupendi, sin dai nomi (come non rimanere ipnotizzati da Tashtego? O da Queequeg? Come non adorare/odiare il comandante Achab?)... E poi ci sono l'inseguimento, la vendetta, le riflessioni, la follia, le morti ingiuste, la lotta eterna tra uomo e natura, tra bene e male, pure, totali, avvincenti, che ti intrappolano le budella e ti carpiscono i pensieri...

Perché Moby Dick è soprattutto tormento, ossessione: una balena che da cetaceo diviene nemico mortale e quindi divinità bianca, Dio, feticcio, senziente e volente, capace di odio e di accanimento, e infine un limite da superare per affermare se stessi... Ma da quando l'uomo può sconfiggere un Dio?

Un classico della letteratura che ha il sapore del sangue e del mare, dell'allegoria, e che, tra riferimenti biblici ed echi shakespeariani, ti trasporta proprio lì, sulla Pequod, permettendoti di vivere tutto in prima persona, sentendo lo sferzare delle onde e avvertendo la tensione in ogni atomo di te...

La fine sarà dolorosa, naturalmente, ma così bella... Così intensa... Così grandiosa... Ed è già nel principio, se si vuole stare attenti ai presagi...

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