TIDELAND
di Mitch Cullin
A
colpirmi era stata la copertina, poi avevo sbirciato la trama ed ero
rimasta folgorata. A ragione. Questo è un romanzo interessante e
strano, non arriva ad essere bellissimo e indimenticabile, ma ci va
abbastanza vicino e di certo non assomiglia a nessuno, anche se non è
neppure originalissimo.
Si
parte dalla realtà più squallida e bruta: genitori tossici con
madre che schiatta, padre disastrato e figlia poverella che si
rifugiano in una vecchia casa fatiscente che sorge quasi nel nulla,
appartenuta alla nonna, dove pure il papà muore, seduto in poltrona.
Ma
Jeliza-Rose, la figlia undicenne, si illude che dorma, perché ha una
certa esperienza ed è già capitato, in passato, tra una dose e una
bottiglia, che lui crollasse per giorni...
Potrebbe
essere l'inizio (o la fine) di una discesa nell'incubo, ma non la è,
e per quanto la vita sia crudele e spesso faccia sentire i suoi
artigli, noi la vediamo con gli occhi di Jeliza-Rose, pieni di sogni
e di immaginazione in fermento, fra teste di Barbie malconce e
saputelle e squali affamati... Così sopportiamo bene anche la
solitudine, fino a che conosciamo i vicini, piuttosto bizzarri pure
loro, ambigui, imprevedibili e terrorizzanti... Su molti livelli.
Nella realtà e nella fantasia.
Un
romanzo innocente e corrotto, macabro e triste, ma che quasi non se
ne fa accorgere, che corteggia la morte e la disperazione, ma li
accoglie e li accetta con semplicità, rifiutandoli e reinventandoli
al contempo, come fanno i bambini, e che ci incanta in un carnevale
grottesco di giochi e di assurdità, di regole nuove, ma anche di
poesia, di delicatezza, di levità.
Parte
alla grande, ma verso metà un po' si smarrisce, il ritmo rallenta,
alcune trovate stancano, divengono un po' fini a se stesse, talvolta
eccedendo un poquito, ma in un modo leggero, che possiamo perdonare,
e intanto altre si avviano sempre di più verso la paura, verso
l'amarezza, la conclusione. Perché se sogni con troppa forza prima o
poi inevitabilmente ti svegli, il mondo si capovolge di nuovo e tu
finisci per vederlo come lo guardano gli altri. Miserando, brutto.
La
fine, forse, un po' delude proprio per questo, perché è facile e
semi-scontata, sebbene sotto altri aspetti giunga confortante.
Per
l'immancabile risveglio che però, forse, avrebbe potuto non esserci:
lasciandoci per sempre senza riscatto, perduti nel mondo di Tideland.
Illusi,
prigionieri e felici.
O
definitivamente liberi?
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