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PIANI – LA STORIA SEGRETA DELL'UOMO GIGANTE
di
Matt Kindt
Il sospetto che Matt Kind sia un genio mi è venuto con Mind MGMT (che non ancora recensito perché tuttora in corso di pubblicazione). Con “3 Piani” ho scoperto che ha anche una sensibilità profonda e lacerata, che ti sconcerta, ti mette a nudo, e ti devasta dall'interno, costruendo e decostruendo, rendendoti più vivo, più consapevole.
Più
fragile.
E
vero.
Nello
specifico ci racconta la storia di un “diverso”, di come è
difficile per lui rapportarsi al mondo e per il mondo è complicato
rapportarsi a lui (anche gli occhiali sono un problema, e i vestiti,
e un cerotto). E quanto sia dura per le persone che gli stanno
accanto, o che almeno si sforzano di farlo, finché, letteralmente,
le cose non diventano troppo grandi...
Sì,
perché questa è la storia, narrata con grazia, con maestria, con un
montaggio perfetto e con una delicatezza totale di pensieri non
pronunciati e di sentimenti non espressi (eppure esplicitati
benissimo, analitici e privi di retorica), di Craig Pressgang, un
ragazzo destinato a divenire velocemente un gigante, fino a che non
ci sarà più spazio per lui.
La
sua vita ci viene raccontata secondo il punto di vista di tre donne:
la madre, la moglie e la figlia. E un po' le capiamo e un po' le
odiamo, perché ci sembrano sempre inadeguate (la madre e la moglie,
almeno). Ma soprattutto avvertiamo il peso di essere Craig, a livello
pratico ed emozionale, e di non poter frenare la nostra crescita.
Lo
guardiamo da fuori, e poi da dentro. Ci perdiamo negli sguardi e nei
silenzi, rimuginiamo, inghiottiamo. Ma non è che stiamo lì a
crogiolarci nell'autocommiserazione. Anzi.
Finché
possiamo viviamo la nostra vita, seppur in modo inconsueto... E
abbiamo anche i nostri momenti di gioia: studiamo, ci sposiamo,
collaboriamo con la Cia...
E
per certi versi la nostra è la vita di tutti, perché alla fin fine,
dentro, noi siamo persone comuni...
Ma
al contempo non lo siamo, e se a volte ne traiamo dei vantaggi, poi
finiamo per pagarne lo scotto. O meglio, quello abbiamo cominciato a
pagarlo da subito. Ma il conto tende a diventare più salato, man
mano passano gli anni. La solitudine più assoluta.
Una
graphic novel semplice quanto complessa, che ci riflette, ma al
contrario, e che sa essere originale raccontando la quotidianità.
Impreziosita
da acquarelli stilizzati e semplici, ma che racchiudono complessità
profonde e spigolose, linee spezzate, infinita poesia. Sino alla
conclusione. Che ci lascia lì, sospesi, e ci induce a tornare
indietro in cerca di una parola in più. Di una spiegazione. Che non
viene.
Che
non può esserci.
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