STORIA
DI UNA LADRA
DI LIBRI
di Markus Zusak
Una
prospettiva insolita: quella della Morte. Desolata, amara, ma anche
vigile, pietosa, attenta e ironica. Amante dei colori. Che si rivolge
a noi, come se ci stesse parlando, che ci incanta e solidarizza.
Pure
lo stile è peculiare, ricco di lapidarie puntualizzazioni in
grassetto e anticipazioni. Per sottolineare dettagli e circostanze.
Per farceli sentire ed annusare. Per essere certi che i lettori li
afferrino e li assaporino con tutti i sensi, in ognuna delle loro
implicazioni. O perché il punto migliore per cominciare non è
sempre il principio, o il punto migliore per finire non è sempre
l'ultimo. E a volte sono necessarie delle parentesi.
Un
romanzo soffuso di dolcezza ed emozioni forti, tra gli stenti della
povertà e gli orrori della guerra e dell'Olocausto (siamo a
Molching, nella Germania Nazista, tra il 1939 e il 1943). Che
iniziano sullo sfondo, lontani. Che non possiamo dimenticare, ma che
ci illudiamo di poter ignorare. Perché ci sono altri, delle persone,
e ci bastano per essere felici. Ma poi... Poi la realtà si presenta
alla porta e spesso chiede un acconto (e le marce... quelle marce
verso Dachau, sembra di vederle)... Fino al saldo.
L'autore
non ci assilla, però (benché poi si diverta a torturarci,
concedendoci un bacio solo quando è troppo tardi, e rimarcando ogni
piè sospinto che è proprio così): riesce a catturare la
giovinezza, la levità della sua protagonista, del suo migliore
amico, i loro sentimenti puri, improntati, malgrado tutto, alla
positività, alla gioia. E ci alleggerisce, ci toglie dei pesi,
mentre ci assegna un fardello.
I
libri sono importanti: messaggio, collante, simbolo e scossa. E c'è
chi li legge e chi li brucia. E chi se ne nutre. E chi li
strumentalizza. E il divertente è che all'inizio della sua carriera
la ladra di libri è analfabeta.
I
libri sono importanti, ma più importanti sono le persone. E in
questo romanzo sono così belle, quelle che impariamo a conoscere:
intense e stupende nella loro discrezione o nella loro esuberanza,
più di Liesel Meminger,
più della
protagonista, la ragazzina cui comunque non possiamo non
affezionarci. Ma Hans
Hubermann, il suo
papà adottivo, e Rudy Steiner, il suo migliore amico, sono
irresistibili, seppur in modo differente.
E
così Rosa, e la signora Hermann, Max Vandenburg, e persino la
signora Holtzapfel, che pure sputava sulla porta degli Amici degli
Ebrei. Dobbiamo solo imparare a comprenderli, e ad accettarli.
Le
persone sono importanti. Già.
Ma
vengono bruciate anche loro (non importa che assistiamo o no, lo
sappiamo).
Ma
pure per gli altri, quelli che dormono nel loro letto, spesso la
Morte è costretta a fare gli straordinari.
Un
romanzo per essere tristi, e per essere felici.
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