IL
BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE
di John Boyne
Di
solito in un romanzo ciò che mi motiva e seduce sono i personaggi,
questa però è una di quelle opere che viene sostenuta innanzitutto
dalla perfezione della trama: non solo dall'efficacissimo colpo di
scena finale – che la rimarca e la assolutizza, pur senza ridursi a
mera trovata – ma dalla narrazione tutta, sin dalle prime righe,
perché affronta un argomento brutale e spinoso come il nazismo con
l'innocenza di un bambino di nove anni, Bruno, che coltiva i suoi
sogni e ama il suo papà, anche se è un ufficiale SS, e che non
comprende tante delle cose che lo circondano, ma ne registra ogni
dettaglio in modo che lo capiamo noi, pur filtrato, e ne restiamo
atterriti.
Il
romanzo è delicatissimo, candido, e colmo di poesia, a cominciare
dal titolo perché il bambino con il pigiama a righe non è che
Shmuel, il ragazzino ebreo che si trova al di là della rete
metallica del campo di sterminio che Bruno non può varcare, ma con
cui stringe una profonda amicizia. Shmuel è l'unico, infatti, da
quando Bruno si è trasferito con la famiglia, che lo aiuta a vincere
la solitudine e la noia.
Colpisce
quindi la differenza di prospettive dei due bimbi, ma al contempo si
evidenziano le similitudini tra loro che, nonostante l'abisso
rappresentato dal contesto in cui si trovano, percepiscono solo
parzialmente la violenza che li circonda, azzannando il lettore con
più ferocia proprio in virtù del contrasto con l'ingenuità dei
protagonisti, che spesso vengono lambiti dal buio, ma che continuano
ad avere gli occhi pieni di luce.
Il
romanzo è molto breve e sembra quasi una fiaba: benché il tema sia
doloroso, viene percorso da una dolcezza totale e disarmante, incluso
il moralissimo epilogo.
Ne
è stato tratto un film che non è male, ma che non decolla, laddove
invece il libro ti fa volare... E poi ti strappa il cuore e se lo
mangia.
Ma
lasciandoti più ricco.
Più
consapevole.
Dai
dodici anni in su.
Mi hai fatto venire voglia di leggerlo
RispondiEliminaMi fa piacere! Fammi poi sapere che cosa ne pensi!
Eliminala recensione è molto bella, complimenti.
RispondiEliminaLa mia opinione è che su certi argomenti non dovrebbero esistere favole o storie romanzate; sarebbe ora di non sfruttare più economicamente questa parte di storia mondiale. Si richia seriamente di favorire il negazionismo e distorcere gli eventi.
Naturalmente ognuno è libero di scrivere ciò che vuole, ma io, come lettore, mi impegnerò a leggere solo libri (riguardanti la shoah) basati su testimonianze oculari.
Fantastico lavoro della traduttrice Patrizia Rossi...
Grazie infinite per il commento: lodo l'impegno civile e sotto certi aspetti lo condivido, ma non credo che questa censura possa applicarsi a Boyne. Non sfrutta economicamente questa parte di storia: la sua non è un'opera commerciale, è scritta con l'anima e si vede! Semplicemente tratta l'argomento, ma anziché favorire il negazionismo, aiuta se mai a non dimenticare, avendo in più il pregio di poter coinvolgere anche un pubblico più giovane. E' vero, il suo romanzo sembra una fiaba, ma è tanto più efficace proprio per questo! Se posso permettermi, paradossalmente non sempre la testimonianze oculare colpisce con lo stesso effetto, perché non tutti siamo Primo Levi e a volte il lettore ha bisogno di immedesimarsi, di essere coinvolto, preso per mano. Specie se è un lettore piccolo. A riportare solo i fatti c'è il rischio che vengano percepiti come lontani, come accaduti a qualcun altro che non si conosce e per
Eliminacui ci si dispiace, ma che rimane altro. Così, invece, è impossibile non proiettarli su se stessi e sentirli davvero. Che poi è questo il senso del romanzo: quel che è successo non è successo a noi, ma allo stesso tempo è successo a tutti, perché tutti siamo persone. Immagino che conosca già "Maus" di Art Spiegelman... Non sono proprio testimonianze oculari, perché vengono filtrate attraverso gli occhi del figlio, ma è un'opera autobiografica
straordinariamente autentica, capace di cogliere aspetti che spesso vengono trascurati, come le difficoltà che si instaurano nel rapporto tra l'autore e il padre, reduce, appunto, del campo di concentramento.
potrebbe dedicare un post intero su "Maus"?
RispondiEliminane sarei entusiasta
Volentieri! Provvederò senz'altro appena possibile... Questo week-end, se riesco.
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