OFFERTA
SPECIALE
di Otta Torielli
(racconto inedito)
Ero
alla deriva nel reparto alimentari, combattuta tra lo yogurt
dietetico (che auspicabilmente avrebbe concesso una tregua
all'incremento di cellulite sulle mie natiche) e i lussuriosi gelati
ciccia-bomba-porcello
con doppia razione di cioccolato, caramello, croccante e guarnizione
di meringa (che mi avrebbero rallegrato il cuore ed omaggiata di un
adesivo carino), quando sono stata convocata al Punto d'Ascolto e
quasi sono stata colta da infarto... Non mi era mai capitato di
sentire il mio nome scandito dall'altoparlante in un luogo tanto
affollato... Mi sono bloccata.
«La
signora Nina Argenti è pregata di recarsi al Punto d'Ascolto... La
signora Nina Argenti...»
Però
ero proprio io, salvo omonimie! Che diavolo volevano da me? E come
facevano a conoscere il mio nome? ...Non avevo la tessera, né tanto
meno ero una frequentatrice abituale del supermercato... In realtà,
se mi trovavo all'IperMondo,
era più che altro per sottrarmi alla calura estiva e godermi i
condizionatori...
...Alla
terza chiamata, mi sono costretta a superare le mie perplessità e mi
sono affrettata, speranzosa di essere la miliardesima cliente e di
aver vinto un viaggio per due alle Bahamas – nei film ogni tanto
capita – o una fornitura a vita di caramelle gommose...
Col
senno di poi, posso affermare che invece avrei fatto meglio a
scappare.
Subito.
A
gambe levate.
Mi
ha accolto una signorina bionda, slavata, che si è sforzata di
sorridermi e che ha soffermato lo sguardo sulla mia spesa con aria di
disapprovazione... Forse perché la portavo sottobraccio e in mano,
anziché nel carrello; forse perché era costituita da solo da dvd
a metà prezzo, patatine e gelati, e non si armonizzava con gli
standard previsti per una ragazza della mia età, che i più
preferiscono definire signora (maledetti più!)...
Ad
ogni modo, ho contratto a mia volta i muscoli della faccia e ho
restituito una smorfia educata a mo' di saluto...
«La
signora Argenti?» ha interloquito la biondina, con gentilezza
meccanica.
Io
ho annuito, senza far caso al moccioso che ha fatto capolino da
dietro le sue ginocchia secche, e mi sono limitata a lanciargli
un'occhiata distratta, ansiosa, semmai, di conoscere il meraviglioso
premio che mi spettava, o, alla peggio, lo stupido motivo che aveva
indotto la madamigella a convocarmi lì...
Solo
che il moccioso ha proteso le piccole braccia verso di me, sorridendo
come se mi avesse riconosciuta, e ha detto: «Mamma!» guardandomi
dritto negli occhi.
Non
ho realizzato immediatamente, ma il nanerottolo ha avuto cura di
ripetere l'assurdo epiteto ancora tre volte prima di strangolarmi i
polpacci in un abbraccio bavoso. Mamma,
mamma, mamma!
Ma
chi accidenti era? Di certo non mio figlio, visto che non ne avevo...
«Bene
signora...» ha belato la slavata, disponendosi a liquidare me e
l'infante con qualche banalità di repertorio. «Allora...»
«Allora...»
l’ho interrotta io sul piede di guerra, provando un certo godimento
nel frantumare il suo sorriso, ebete quanto fasullo. «Mi spiega che
è 'sta storia?»
«Come,
scusi?»
«Il
piccoletto qui non è mio figlio, e io non sono nemmeno sposata... Se
è per questo che...»
«Oh,
poveretta!» ha miagolato la gatta morta, questa volta con autentica
partecipazione, rimirandosi prima la fede nuziale e poi, suppongo,
l'anello di fidanzamento. «Mi dispiace tanto...»
«Ben
gentile, a me no! Non voglio uomini per casa, nemmeno sui... due
anni? Tre? Sia come sia, il bimbo non è mio! E non ne voglio saperne
alcun che, chiaro? E non...»
«Ma,
mamma!» ha protestato il piccino, aggrottando le sopracciglia e
tirandomi un lembo del vestito...
«No
“mamma”, coso, staccati... Io sono la signora Argenti, okay?
E non ti conosco...»
«Signora,
forse...» è intervenuta ancora la biondina, sconcertata...
«Tì
che tei la mamma!» ha strepitato il nanerottolo, cocciuto, emettendo
suoni sgradevoli e troppo acuti, che in capo a dieci minuti mi
avrebbero certamente provocato un'emicrania... «La tei! Capito?
Mamma!»
«Senta,
signorina...» ho apostrofato allora la slavata sbirciando il
cartello identificativo che aveva pinzato su una tasca della
camicetta «...Vanessa...
Le assicuro che se fosse mio figlio me ne ricorderei, e come minimo
gli avrei già appioppato una sberla, a 'sta peste!»
«Mamma
cattiva!» ha sentenziato il nano. E mi ha assestato un calcio in uno
stinco con le sue minuscole scarpe. «Cattiva!» ha ribadito poi.
«Cattiva! Cattiva!»
«Ma
il bambino sostiene...» ha continuato la smorfiosa sempre più
incredula...
«Il
bambino sarà confuso» ho tagliato corto io. «E non ho intenzione
di seguitare a discutere!»
«No!
Tu tei la mamma! Nina Aggenti! Abitiamo a Pieta Ligu'e, Via Dante
77!!! Mi hai ciatto impalale l'indiliccio per q'ando mi peddi!»
«Corrisponde...»
mi è sfuggito in un sussurro. E adesso era il mio turno di essere
interdetta: come poteva il nano conoscere il mio recapito? E il mio
nome?
«E'
il suo indirizzo, signora?» ha incalzato la ragazza.
«Sì,
ma....»
«Allora
è evidente che il frugoletto è suo, perciò la prego...»
«No,
non è evidente...»
«Tiiiii!!!»
ha tuonato il bambino. E io ho cominciato a sudare, condizionatori o
no... «Senti tu, coso, io non so nemmeno come ti chiami! E non mi
interessa, per...»
«Lucio!
Lucio Aggenti, con la “elle” di lavanello! B'utta! Mi chiamo
Lucio!» E il bambino si è messo a piangere, a frignare, a
gridare... E la gente ha iniziato a fissarci. Soprattutto me, una
donna trionfalmente grassa, sui quarant'anni, con la spesa sotto le
ascelle e un moccioso urlante appiccicato ai vestiti...
«Smettila...
Taci...» gli ho ordinato, ma quello, osservandomi di sottecchi, ha
preso a strillare più forte e a battere imperiosamente il piedino
per terra... «Signora...» belava invece la slavata, mentre le mie
confezioni di surgelati iniziavano a colare condensa sul pavimento,
disseminando gocce ovunque...
Poteva
andare peggio?
Certamente!
Un
baffone in giacca e cravatta si è avvicinato, sornione,
qualificandosi come il direttore. “Ci mancava solo questa”, ho
pensato...
«Buongiorno...»
ha detto. «Che succede?»
«Il
bimbo sostiene di essere figlio di questa donna, ma lei nega.»
«Perché
non è mio figlio!!!» ho sbottato io, con le vene del collo e delle
braccia che cominciavano ad affiorare per il nervoso.
«Sciocchezze,
signora, siamo stati avvertiti. Venga di là, nel mio ufficio...»
«Sciocchezze?!
Come si permette!!» ma la mia rabbia spesso si stempera davanti a un
bell'uomo... Non li voglio in casa, è vero, però ciò non significa
che sia insensibile al loro fascino... E Mr.
Baffo,
con giusto una manciata d'anni più di me e in fin dei conti con la
voce calda e cortese, non era affatto male: prestante, alto,
elegante... Così, mio malgrado, ormai risultavo più querula che
incollerita...
«Avanti
le offro un caffé...» ha proseguito lui, infliggendomi il colpo di
grazia e strappandomi un grugnito d'assenso. «Lei, Vanessa, si
occupi un attimo del bambino, per favore...»
E
come una taccheggiatrice, io sono stata accompagnata nell'ufficio del
direttore…
Mi
ha fatto accomodare su una poltrona in cuoio marrone, mi ha servito
una bevanda al gusto di caffé, e ha detto: «Signora Argenti... Non
so se si ricorda, ma questa non è la prima volta che viene nel mio
ufficio... Ci siamo già incontrati questa mattina: è stata lei a
chiedermi un colloquio. Di solito non ricevo così, senza preavviso,
ma per lei ho fatto un'eccezione.»
«Signor...»
«Ponzoni.»
«Signor
Ponzoni, scusi se la interrompo, ma credo che se fossi già stata qui
con lei 'sta mattina non avrei potuto dimenticarlo...»
La
frase suonava un po' ambigua, lo so... Soprattutto alla luce del
fatto che non riuscivo ad evitare di sbattere le ciglia né di
scivolare in un tono sempre più civettuolo. Ma nella mia testa era
l'incipit di un film a luci rosse... Del resto, quello non poteva che
essere un tentativo di seduzione perché io lì non avevo mai messo
piede, meno che mai in mattinata... Ma il giochino non mi dispiaceva:
se lui voleva fare il lupo cattivo, io sarei stata l'innocente
pecorella... Poco importava che probabilmente un mio manrovescio
avrebbe potuto ucciderlo: non volevo mica picchiarlo!!!
«Mi
aveva avvertita che sarebbe stata scettica, ma glielo posso
dimostrare... Stamane mi ha consegnato una foto, proprio allo scopo
di vedersela restituita come prova nel pomeriggio... Eccola, qui.»
Il direttore ha piazzato una busta al centro della scrivania, ma
senza aprirla... «Prima di guardarla vorrei che ascoltasse quanto ho
da riferirle, senza interrompermi... Lo può fare per me?»
“Biscottino...”
gli ho risposto nella mia mente – sebbene la faccenda della foto mi
paresse un po' sospetta – “Per te potrei anche intonare un gospel
mentre mi fanno il solletico e la pulizia dei denti...”
Naturalmente
nel mondo reale mi sono limitata ad assentire.
«Perfetto.
Ebbene: lei è nata a Genova, il 16 maggio di quarantadue anni fa, è
insegnante di lettere a Loano, ama le composizioni floreali e i
romanzi di Clive Barker. Anche se non lo sa nessuno, la sua più
grande paura è essere chiusa in un ospizio per anziani... Il
bambino, Lucio, è proprio suo figlio: abitate in Pietra Ligure, in
via Dante 77. Lei soffre di un di un disturbo alla memoria per cui
tende a rimuovere il piccolo dalla sua vita, però lo adora e non
vuole perderlo... Quindi, per favore, non faccia altre storie e se lo
porti via. Appena a casa ricorderà tutto: troverà i giocattoli, la
stanza di Lucio, i disegni... Non si preoccupi, non è nulla di
grave, e comunque sta facendo una cura. Si rimetterà presto, ne sono
sicuro...»
Io
no. Ero in tilt.
Pazza,
madre, e neppure sedotta... Mon
Dieu!
E
Mr.
Baffo sembrava conoscermi meglio di mia sorella...
L'unica
cosa positiva era che i miei quasi acquisti erano rimasti al Punto
d'Ascolto, in una piletta gocciolante, e che Vanessa aveva incaricato
qualcuno di riportarli ai frigoriferi prima che si sciogliessero del
tutto...
La
foto rappresentava me e il nano, teneramente abbracciati, nel mio
soggiorno.
Sconvolta,
ho raccattato il moccioso e mi sono precipitata fuori – senza
spesa, a parte i gelati, di cui avevo somma necessità – e mi sono
infilata in macchina.
Sul
sedile posteriore ho trovato un seggiolino per auto Chicco, un
biberon con del succo di frutta, e qualche giocattolo sparso...
Ho
desiderato di essere colpita da un fulmine.
Misericordia,
magari avevo pure un marito... Possibile? Io? La zitellona acida?
Ancora non ci credevo... Il piccoletto, se non altro, stava bravo, ed
era persino sul punto di addormentarsi. Sono partita in tutta fretta,
sottosopra, ma poi ho cominciato a riflettere... Che razza di
situazione malata era? Se davvero ero una madre degenere a quel
livello, non sarebbe stato più sensato chiamare i servizi sociali o
almeno affidare il pupo ad un parente? E poi io ricordavo
minuziosamente che cosa avevo fatto quella mattina: era il mio primo
vero giorno di ferie e lo avevo trascorso rimanendo a letto sino alle
9.00, poi avevo fatto colazione, telefonato alla mia amica Ylenia,
letto una rivista... No, i conti non tornavano...
A
casa c'erano dinosauri di plastica ovunque, fotografie di noi due
insieme, e un passeggino... Neanche l'ombra di un coniuge, però.
“Chi
diavolo è il padre?”, mi sono chiesta. Quindi, col tatto che mi ha
sempre contraddistinta, ho scrollato Lucio fino a svegliarlo –
tanto era ora di pranzo e gli stavo scongelando delle patatine – e
mi sono dedicata a torchiare lui... A mio modo sono stata gentile e
per la prima volta gli ho riconosciuto la qualità di persona umana:
l’ho chiamato addirittura per nome, tuttavia la peste si è
rifiutata di fornirmi risposte soddisfacenti.
Ho
fatto un giro di telefonate... La cosa curiosa è che neanche mio
fratello conosceva il presunto nipote, anzi era convinto che fossi
ubriaca, mentre mia sorella spergiurava di essere stata la madrina al
battesimo e mia madre di avergli fatto il bagnetto innumerevoli volte
e di averlo portato al Luna Park... Nessuna delle due, però, sapeva
con chi lo avessi concepito. In quanto alle mie amiche: Ylenia,
Emanuela e Simona erano certe fossi sana di mente e senza figli,
mentre Federica e Luisa ricordavano con chiarezza i nove mesi della
mia gravidanza...
Dunque?
Dunque
il pupo doveva essere un alieno infiltrato che condizionava le
persone...
Ho
provato a rivolgermi alla stazione di polizia. Prima ho negato che
Lucio fosse mio figlio, descrivendo congiure e azzardando ipotesi
pazzesche, stile vecchio film di fantascienza in cui l'universo
impazzisce, tipo “L'invasione degli Ultracorpi”... Poi, fallito
questo tentativo – anche lì avevano una mia foto con Lucio e mi
conoscevano già –, mi sono autodenunciata come mamma
irresponsabile, nella speranza di riuscire comunque a sbarazzarmi del
nanerottolo... Niente, sono stata rispedita a casa.
Cavoli!
Ho
guardato il bimbo, in preda allo sconforto...
...Non
mi ricordavo di lui, non sapevo da che parte cominciare per allevarlo
e neppure mi somigliava... Inoltre, diciamocelo, io un figlio non
l'ho mai voluto! Soprattutto non già “anziano” e spuntato dal
nulla... Però era carino, dovevo ammetterlo... Ed ero quasi prossima
a commuovermi, quando quello ha strillato: “Cacca!”, e il
profumino mi ha rivelato che il suo pannolone era colmo di doni...
Nei
giorni seguenti ho desiderato alternativamente: di essere investita
da un autotreno, di ammazzare il moccioso a colpi di martello, o di
scoprire semplicemente la verità, quale che fosse...
A
parte le difficoltà e gli inconvenienti del nuovo ménage
familiare, ero devastata dalle circostanze: cercavo di continuare le
indagini, c'erano molti buchi, molte lacune nella vicenda, ed
un'infinità di incongruenze... A tratti mi convincevo di essere
davvero matta e smemorata, e va bene, ma a tratti era Lucio ad
inquietarmi... Lo vedevo come una presenza maligna, che per ora si
accontentava di tramare nell'ombra, ma che presto avrebbe scatenato
il male assoluto…
In
linea di massima si comportava come un comune bimbo di tre anni,
abbastanza adorabile e logorante, ma ogni tanto lo sorprendevo in
atteggiamenti ...impossibili!
Conteggiava
le calorie di quel che cucinavo, consultava testi di parapsicologia,
si destreggiava con complessi programmi informatici, disinfettava di
nascosto i bicchieri prima di bere...
Non
riusciva a dire “sì”, ma pronunciava correttamente lemmi
difficili anche per un adulto, e per giunta li usava con proprietà...
Inoltre, mi sembrava che... facesse finta
di giocare, come per ingannarmi, e che in realtà si dedicasse a non
so quali speculazioni filosofiche – o complotti per conquistare la
Terra, magari... –
Quando
l’ho colto in flagrante mentre costruiva con i fiammiferi una
perfetta riproduzione in scala della Pietà di Michelangelo, sono
esplosa: mi sono armata di bastone per lavare per terra e l’ho
costretto a confessare! Tutto sommato, non ho dovuto insistere
troppo...
«Lla
bene, te 'o dico, ma ciolo pecché qui è tellibile...»
«Oddio!
E piantala di parlare in questo modo idiota! Mi irriti, piccolo
impostore! E so che ti esprimi benissimo, se vuoi...»
«Ouf,
grazie! Non sai quanto è faticoso parlare così... O adeguarmi al
livello di un bimbo terrestre...»
«Voglio
sapere chi sei. E il perché di questa messa in scena...»
«E'
una faccenda complicata, in teoria dovresti considerarti
fortunata...»
«Perché
passo per pazza o perché ho una bocca in più da sfamare?»
«Ehi,
mica mangio tanto! E poi, diamine, ma ti sembra il modo di alimentare
un bambino piccolo? Surgelati, fritti... Mi farai venire il
colesterolo prima della pubertà!!!»
«Senti,
bello...»
«Okay,
okay...
Arrivo al punto. Non sono un alieno, vengo da un mondo parallelo...»
«A
be', allora...»
«Non,
ti sto prendendo in giro...»
«Non
adesso. Lo so. Continua...»
«Si
tratta di un mondo simile a questo, ma con regole più semplici e più
divertenti... Ne avrai già letto, anche se sotto forma di narrazione
fantastica... Ad ogni modo, c'è un mercatino dei bambini,
convenzionato con il vostro Supermercato, l'IperMondo,
dove, appunto, si possono comprare o vendere bimbi dai sei mesi agli
otto anni, di varie nazionalità... Non è un commercio sotto banco o
illegale: i bimbi non si mangiano, ma vengono acquistati da famiglie
amorevoli che se ne occupano, e che di norma arrivano dalle vostre
zone... I piccoli hanno prezzi elevati, ma sono vaccinati e di ottima
qualità...»
«Vai
avanti...»
«Ebbene,
qui, come in tutti i centri commerciali, di tanto in tanto si fanno
delle operazioni di marketing:
sconti, tre per due, etc... Io sono stato scelto per un'offerta
speciale, e mi hanno regalato a te... Sei stata selezionata perché
il tuo profilo corrisponde alla cliente modello: quarantenne zitella
e senza prospettive di accoppiamento...»
«Con
questo intendi che sono grassa...?»
«E
scorbutica ed egoista... Più che altro un po' cozza.»
«Carino...!
Ti informo che non ho alcuna difficoltà a reperire carne fresca...»
«E
a tenertela?»
Colpita
e affondata.
Mi
sono limitata ad esternare il mio disappunto inarcando un
sopracciglio.
«...Comunque,
di norma, le donne nelle tue condizioni hanno molto amore da dare e
adorano i bimbi... E se li ricevono senza… affaticarsi
sono ben contente. Se avessero un'occasione come la tua sarebbero
entusiaste e arrafferebbero il pupo senza tante questioni...»
«Temo
che i mocciosi siano una merce un po' sopravvalutata nei vostri
paraggi... E infatti per piazzarti hanno dovuto regalarti!»
«Ehi,
piano, l'omaggio fa parte della promozione! E se sono stato scelto io
è proprio perché sono tra i prodotti migliori...»
«Oh,
ti hanno detto così?»
«Piantala!
Sei cattiva!»
«E'
vero» ho ammesso compiaciuta. Poi, riflettendo, ho chiesto: «Però
io che c'entro, scusa? Non apparteniamo nemmeno allo stesso piano di
realtà...»
«Te
l'ho detto che siamo convenzionati con l'IperMondo...»
«Continuo
a non capire...»
«La
tua reazione normale avrebbe dovuto essere di suprema gioia, e poi
saresti dovuta diventare una cliente affezionata dell'ipermercato,
associandolo in automatico al lieto evento... Non solo: lo hai
sottolineato tu stessa, i figli costano! Nel tuo caso non da subito,
visto che ti abbiamo dotata di accessori e robe varie, ma alla
lunga... Tra vestitini, cibo, spese scolastiche e mediche...»
«Mmm...
Un po' come lo spacciatore che ti regala il primo assaggio di
cocaina...»
«Esatto...»
«Però
sei diverso da un bimbo terrestre... Più... vecchio.»
«Il
nostro sviluppo mentale è diverso, più rapido... Dopotutto provengo
da un mondo parallelo: di norma veniamo modificati geneticamente...
Siamo articoli molto richiesti.»
«E
i ricordi discordanti dei miei parenti e amici? Non avete operato con
troppa efficienza…»
«E’
che non tutti amano i bambini… Il condizionamento fa leva su
quello, e ci sono soggetti meno ricettivi… Probabilmente nella
fattispecie gli addetti hanno agito con eccessiva fretta, in più le
tue frequentazioni vantano numerosi esemplari come te,
particolarmente ostici agli infanti.»
«Okay,
chiaro. Un'ultima domanda: come faccio a sbarazzarmi di te?»
Il
piccolo Lucio ha deglutito.
«Vuoi
sbarazzarti di me...? Sul serio?»
Io
ho annuito, gongolando sadica... Il moccioso ha ritrovato la dignità
e si è ricomposto: «Puoi sporgere reclamo, ma le procedure sono
lunghe… Spesso infruttuose... Non che a me faccia impazzire l'idea,
anzi, però, sai, ti conviene tenermi...»
...Immagino
che se il pupo fosse capitato ad una qualsiasi altra ragazza,
impostore o no, le cose sarebbero andate proprio così: alla fine
avrebbero fatto amicizia, lei gli avrebbe insegnato le abitudini
umane, lui le avrebbe prestato assistenza nella vecchiaia, ed
evitatole il temuto ospizio... E sarebbero vissuti insieme per sempre
felici e contenti... Stupendo.
Ma
io non sono una qualsiasi altra ragazza, sono io, e lui mi aveva dato
della cozza...
Morale
della favola?
Ho
messo un annuncio su eBay
e sono riuscita a sbolognarlo per € 1.947,00. Probabilmente con una
causa per risarcimento danni avrei spuntato una cifra maggiore, ma
non sono avida e volevo chiudere la faccenda prima possibile...
In
quanto a me, ormai sono finita in una Casa per Anziani, sola e senza
amore, proprio quel che temevo di più… La detesto, ma è sempre
meglio che aver sacrificato i miei anni migliori ad un infante
incontinente.
Non
sono mai più tornata all'IperMondo.
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