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martedì 16 aprile 2013

Una magnifica, psicotica ed emozionante ossessione...


LA FABBRICA DEGLI ORRORI
di Iain Banks


Il titolo italiano non gli rende giustizia: banale ed inutilmente descrittivo. Molto meglio l’originale: “The Wasp Factory”, che allude ad una sorta di bugigattolo in cui il protagonista, lucido e intelligente quanto disturbato, pratica la sua personalissima religione a base di bizzarri rituali, feticci e sacrifici. Che a volte hanno come oggetto le povere vespe, ma non solo.

E’ un romanzo shockante, perverso, che ad ogni pagina ti tramortisce e sconvolge, ma in modo creativo, geniale, affascinante, senza essere gratuito e fine a sé stesso. Certo, un po’ si autocompiace goduriosamente, ma dando luogo ad una magnifica, psicotica ed emozionante ossessione.

Quando lo finisci e puoi reiterpretarlo con una nuova chiave di lettura – chiarendo una seria di episodi che lì per lì lasciano perplessi – il trauma si rinnova e ti lascia stordito e inerme… La sensazione è quella di essere un coniglio (non Dado) in mezzo alla strada, di notte, che si paralizza al sopraggiungere di un’auto e resta in attesa di essere spolpettato, con la consapevolezza della morte negli occhi, e che nel mentre viene violentato da un'orda di scimmie idrofobe.

Però non si tratta di un mero inno al sadismo (come, invece, ad esempio, “La ragazza della porta accanto” di J. Ketchum, che, benché sia un librino di appena 250 pagine, ho sinceramente fatto fatica a finire. E a digerire). No, la trama è ricca, ben articolata, e il protagonista è un mondo di sorprese: difficile prevedere che cosa succederà.

Nulla è percepito come innaturale: tutto viene accettato senza discussioni. Al più con qualche vendetta…

Quando un mistero si dipana, anziché deludere perché non è all’altezza della tensione che lo ha preceduto, come spesso accade, ti lascia a bocca aperta e tu fatichi a ritrovare l’uso della mascella.

Lo stile è veloce, ma sanguinante, e a tratti quasi gioioso. Ti fa a brani.

Indispensabili stomaci forti e nervi saldi.

Un romanzo fantasioso, a tratti ferocemente ironico, caustico, deliziosamente perfido e grottesco. Geniale, annichilente e... gustoso. Se si è cannibali.

P.S.

Io lo avevo letto un po’ di annetti fa nell’edizione Tea Due. Scartabellando in rete, però, ho appreso or ora che è stato ristampato da Guanda (2000), con una traduzione del titolo più fedele all’originale, La Fabbrica delle Vespe, e più recentemente da Meridiano Zero (2012).

Perciò aggiorno il Post e ringrazio le Case Editrici.

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