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mercoledì 17 aprile 2013

L'angoscia si insinua allora nella quotidianità...


MELANCHOLIA


Ho adorato “Dogville”, ma con questa pellicola Lars Von Trier supera sé stesso!
 

Non è un film immediato, all'inizio ti spiazza un po', ed è lentissimo, ma è anche straordinario, intelligente e molto profondo.

In principio, lo spettatore viene flashato con circa dieci minuti di immagini: potenti quanto evocative, eternizzate, simboliche, drammatizzate dal preludio al primo atto del Tristano e Isotta di Wagner che funge da colonna sonora, ed al contempo ammiccanti a molti dipinti famosi (soprattutto dei Preraffaelliti, ma non solo), in un trionfo di sensi (perché ad un certo punto, quando le immagini si muovono, sembra persino di sentirne il profumo) e di bellezza.

Per attribuire un significato alla sequenza bisogna aspettare il termine della stessa, quando si assiste alla collisione del pianeta Melancholia con la Terra: il finale viene dunque anticipato già da subito, suppongo per rendere il pubblico più consapevole.

Segue la prima parte che vede Kirsten Dunst nei panni di una sposa bellissima e strana, Justine, che, anziché felicità, esprime malessere, insofferenza, noia, e che nell'arco della serata riesce a mandare a monte quasi ogni aspetto della sua vita, matrimoniale e non, rompendo, con indifferenza o con rabbia, le convenzioni sociali, frantumando ogni imposizione o convenevole, da cui sembra sentirsi soffocare.

Le fa da antitesi la perfetta sorella Claire (Charlotte Gainsbourg), affettuosa, capace, razionale, totalmente realizzata, mentre distrattamente si fa cenno al pianeta Melancholia prossimo a passare vicino alla Terra.

L'azione è lenta, imperniata sui dettagli, sugli sguardi, sui silenzi, ma interrotta ogni tanto da una scena inaspettata, magari di impatto relativamente forte, dato il contesto: scatti d'ira, reazioni incoerenti, atteggiamenti sconvenienti... soprattutto da parte di Justine, che pare assente, lontana, disinteressata.

Poi inizia la seconda parte: stessa ambientazione, stessi personaggi principali, ma qualche giorno dopo. Si chiarisce perché Justine fosse così strana e di nuovo la si confronta con la sorella Claire, ma a poco a poco i termini del paragone vengono ribaltati, innescando una serie di riflessioni foriere di conclusioni disarmanti, ma ricche di significato.

L'azione si fa più incalzante, benché continui ad essere descrittiva, sostenuta peraltro, da una fotografia curatissima e meravigliosa (ricca di echi pittorici), e gli scopi del film gradualmente si svelano. Inutile ingannarsi ancora: Melancholia colliderà con la Terra!

L'angoscia si insinua allora nella quotidianità, sino a diventare panico, paura, sino a disorientare e a far perdere il senso delle cose. Per tutti tranne che per Justine (e il piccolo Leo, il nipotino, ma solo perché è un bimbo e quindi ingenuo e innocente), che si riscuote e diventa sé stessa, accettando il destino con lucido pessimismo. Ed aiutando la sorella e il nipotino ad affrontare l'incombere di Melancholia nell'unico modo possibile. Finale grandioso, lieto e terribile insieme.

Davvero, il film è lentissimo, ma non noioso: piuttosto ti permette di gustarlo appieno, perché a poco a poco ogni sensazione scava dentro di te e diventa tua, inebriandoti di malinconia e di bellezza.

Emotivo, intimo: è una parabola sul malessere interiore, una metafora sulle reazioni delle persone (sane e insane) dinnanzi ad un evento proprio delle convenzioni umane, come il matrimonio, confrontato poi con le reazioni ad un evento di portata sovrumana.

Ottime la Dunst e la Gainsbourg, ma bravi anche gli altri interpreti ed in particolare Charlotte Rampling, sgradevole madre delle due sorelle.

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