ANDREA
VITALI
Scrittore
prolifico e corale, godibilissimo, che ha finito col regalarci un
intero paesino, il suo: Bellano, sul lago di Como.
Tutti
i suoi romanzi, infatti (se la memoria non mi inganna), sono
ambientati qui, in questa ridente cittadina (che sa anche un po' di
cu – lettera misteriosa – o, come considera incidentalmente uno
dei suoi personaggi), sebbene possano riferirsi ad epoche diverse: il
1931 come gli anni '70. Intanto gli eventi storici, pur tratteggiati
con esattezza, non sono importanti, ma divengono contorno, occasione,
sfondo... Ciò che è determinante, se mai, sono le persone, così
comuni e normali da risultare incredibili, benché credibilissime, ma
che spesso riescono a stupirci.
Vitali
ci offre uno spaccato della piccola realtà di paese, ma anche
dell'italianità tutta, ritratta attraverso i rapporti, gli equivoci,
e i piccoli (e meno piccoli) screzi che si intrecciano tra gli
abitanti, talvolta insistendo su pulsioni abiette o comportamenti
censurabili, talaltra limitandosi a sogghignare, in lontananza,
narrando senza raccontare, mostrandoci la varietà umana nei suoi
molteplici aspetti, sovente macchiettistici, ma assolutamente
realistici e veritieri.
Di
solito procede a piccole pennellate che a poco a poco si compongono
in un affresco enorme: le vicende, che lì per lì appaiono
indipendenti, si intrecciano e contribuiscono, tra una sotto trama e
l'altra, a creare e a risolvere un piccolo mistero o a delineare una
sorta di assurda burla, entrambi, che però, dato il contesto
abilmente costruito, risultano coerenti, quasi inevitabile.
Vitali
ci illustra la superficie, ma sottintendendo tutto ciò che si
staglia al di sotto di essa, senza commentarla, ma permettendoci di
intuirla con esattezza e lucidità.
Lo
stile è semplice, fluido, garbatamente ironico, ma pregno di modi
dire e di espressioni del linguaggio colloquiale, con qualche tocco
di invettiva. Perfetto per il testo che scorre rapido, immediato, e
che provoca un sorriso quasi ad ogni pagina, incluse quelle
agrodolci.
A
farci sorridere sono soprattutto i personaggi: assai caratterizzati
oppure abbozzati con arte, quasi dei “tipi”, talvolta, che spesso
ragionano con una logica spiazzante ma incontrovertibile, fatta di
buon senso, ingenuità, saggezza popolare, congetture, e qualche
punta di meschinità.
Lo
sguardo dell'autore è sornione, ma privo cattiveria: piuttosto
benevolo, e percorso da continue correnti di simpatia. Brillante,
arguto, scanzonato, anche quando la beffa sfiora la tragedia e i toni
si fanno più dolenti...
Tanti
hanno paragonato Vitali a Piero Chiara, ma al di là delle
similitudini relative all'ambientazione e alla freschezza dello
stile, trovo che questi due artisti non siano troppo vicini: Chiara è
più profondo, più amaro, si concentra su meno personaggi per volta,
mentre Vitali è il primo a ridere delle sue battute, e un po' forse
anche di sé stesso: mentre scrive si diverte da matti, e si vede!
Perché, al di là del tema trattato, trasmette sempre una certa
levità, una vivace gioia interiore, laddove invece, magari Chiara
collocherebbe un momento drammatico o una sfumatura nostalgica.
Una
parte di me sarebbe piuttosto tentata di assimilarlo a Camilleri, ma
lo scrittore siciliano è più feroce, più incisivo, più
affascinante, e, devo ammetterlo, le sue trame sono meglio
strutturate. Quindi quella parte di me deve tacere.
Tra
i romanzi di Vitali ho apprezzato particolarmente: “Un amore di
zitella”, “Una finestra vista lago”, “Olive comprese”, “Il
Meccanico Landru” e “La signorina Tecla Manzi”... Anche se, ad
essere sinceri, alla lunga sembrano tutti uguali, pur nella loro
ricchezza di spunti, di riflessioni, e di stilemi linguistici, perché
le caratteristiche di fondo sono sempre le stesse... Benché
piacevolissime da riscoprire.
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