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martedì 30 aprile 2013

La sventurata vicenda di una ragazza...


DRAG ME TO HELL



Uno degli horror più spassosi degli ultimi anni, capace di fondere magistralmente paura e risate a crepapelle, dosate con abilità e senso del ritmo (memorabile la schifaviliosa – per citar Isabella Santacroce – scena con la dentiera, quella che si svolge nel parcheggio...).

La storia è divertente, ironica, e ricca di momenti indimenticabili (la capra posseduta è una vera chicca, così come il pranzo dai genitori del fidanzato della protagonista) mentre il personaggio della zingara, la signora Ganush, vale da solo tutta la pellicola: basta assistere al tamburellare delle sue unghie devastate per sentirsi rizzare i capelli...


La trama?

Semplice quanto efficace: Christine, un'impiegata graziosa e gentile, per una volta decide di attenersi alle regole della banca presso cui lavora nella speranza di ottenere una promozione, rifiutando così una proroga alla signora Ganush, un'anziana zingara che, senza di essa, rischia di perdere la casa in cui abita. E che quindi maledice Christine, scatenandole contro una Lamia, una sorta di demone malefico che giocherà con lei per tre giorni prima di trascinarla con sé all'Inferno.

Insomma, finalmente Sam Raimi replica i fasti de “La Casa 2” (“La Casa” era troppo seriosa, mentre “L'Armata delle Tenebre” eccedeva nell'altro senso, oltrepassando il limite del demenziale di classe) coinvolgendo lo spettatore, perennemente in bilico tra un urlo e una risata!

Mi tocca, però, muovere un appunto: scartabellando librini e riviste non ho potuto evitare di notare come molti recensori (Film Tv, Dylan Dog Almanacco della Paura, etc.) abbiano preteso di trarre dal film una morale, biasimando il comportamento della protagonista che si merita la giusta punizione (qualcuno ammette che sia un tantinello sproporzionata) per aver rifiutato il prestito alla povera zingara. Nessuna pietà, dunque, verso la fanciulla, né alcuna simpatia.

Ebbene, dico io, ma come state?

A parte che Christine dimostra in più occasioni sensibilità, coraggio e notevole buon cuore (oltreché straordinarie risorse)... La verità è che doveva rifiutare la proroga! La Ganush ne aveva già ricevute due, inutilmente, e Christine era comunque moralmente obbligata a fare gli interessi della banca, e questo al di là della paventata promozione! La generosità con i soldi e gli interessi degli altri non è generosità: è solo pietismo, o ipocrisia, o slealtà. Certo, quando non si chiama furto (o appropriazione indebita, o peculato)...

Non c'è morale, qui, ma solo ironia!

Chiunque (recensori compresi) al suo posto avrebbe agito come lei: tutta l'azione precedente è tesa a portarci a questa conclusione, a partire dalle pressioni cui Christine è sottoposta al lavoro – e non solo – e che contribuiscono a rendere la sua scelta inevitabile. Scelta che, peraltro, è contraria alla sua natura, essenzialmente buona e generosa, e che nella fattispecie viene forzata.

Non è la punizione di una persona cattiva, quella cui assistiamo, o di una che ha preso la decisione sbagliata: è solo la sventurata vicenda di una ragazza che potrebbe essere chiunque, ma che, a differenza di chiunque, ha più pregi che difetti. E' vero, dopo che la Ganush si inginocchia, lei chiama la sicurezza: ma perché è spaventata e in imbarazzo, e subito si pente e cerca di scusarsi... Che diamine, non riesce neppure a passare la maledizione al suo spregevole collega, che pure se la meriterebbe con gli interessi!

Se Christine ha dovuto affrontare le terribili ire della Lamia è soltanto perché, guarda un po', siamo in un horror e non in una favola di Esopo! Un horror che non ci avrebbe spaventato o appassionato allo stesso modo se la protagonista fosse stata semplicemente una bieca arrampicatrice sociale, perché di lei non ci sarebbe importato alcunché!

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