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venerdì 17 maggio 2013

Il tema del Nazismo in modo insolito...


IL PROFUMO DELLE FOGLIE DI LIMONE
di Clara Sanchez




 

Una piacevole lettura da treno.

Di questo si tratta, niente di più. Un romanzo gradevole, garbato, scritto con grazia, con uno stile attento ai particolari (suoni, rumori, odori), ma statico, misurato, introspettivo, impreziosito da un accento intimo e tenero.

Una storia che ha ritmo, che incuriosisce, ma che volte rallenta e si ferma. Aspetta. Incespica. Inciampa.

Un bello spunto di base, stimolante, originale, sviluppato, però, con superficialità, in cui il riferimento al Nazismo è un mero pretesto per rappresentare il male che si cela, subdolo, anche sotto l’apparenza più bonaria.

Un assioma un po’ facile, se vogliamo, che sfrutta e strumentalizza una tragedia immane, solo per destare la curiosità del pubblico. Ma senza malafede, oso affermare, solo con eccessiva indelicatezza e ingenuità. Perché, fondamentalmente, all’autrice l’Olocausto non interessa proprio: è solo occasione, sfondo, tappezzeria. Per esemplificare il male, dicevo… Ma anche per mettere a confronto due generazioni (Sandra/Juliàn, e Sandra/Karin e Fredrik), e due modi diversi di affrontare la vecchiaia, che, nonostante le similitudini d’obbligo, si contrappongono (Juliàn, con i suoi tormenti – anche economici –, i suoi scopi, la solitudine, i ricordi dolorosi, le angustie, l’accettazione della sua condizione… La coppia di anziani Nazisti, ambiziosa, nostalgica, arrogante e, talvolta, preda della paura del tempo che passa…).

La trama? Sandra, una ragazza incinta che non sa che fare della sua vita e che per questo si è concessa un momento di riflessione, incontra due amabili vecchietti che la “adottano” e la fanno entrare stabilmente in casa propria. Parallelamente Juliàn, un ebreo ormai anziano a suo tempo scampato ai campi di concentramento, sta indagando proprio sugli stessi nonnini che in realtà non sono che due ex Nazisti, che non hanno perso le antiche abitudini, ma vi hanno solo dovuto rinunciare per opportunità, in attesa di potersi in qualche modo riorganizzare.

Ovviamente Sandra e Juliàn faranno amicizia e decideranno di collaborare.

Tutto sommato, Juliàn è un personaggio abbastanza interessante, ma Sandra, per quanto piacevole, fresca, e briosa… Beh, risulta un tentino inverosimile… Troppo illogica, incoerente. Sembra che le sue decisioni scaturiscano dalle esigenza narrative più che da motivazioni interiori che, per quanto l’autrice si affanni a spiegare e a giustificare, proprio non appaiono naturali. Invece, sono stati resi con efficacia i vecchi Nazisti. Non solo Karin e Fredrik, ma anche gli altri. Cattivi, certo, a volte troppo, senza redenzione o spazio per il dubbio, altre con qualche sfumatura. A volte, solo patetici.

Il finale è approssimativo, frettoloso. Irrisolto. Ma nel complesso il romanzo è discreto, leggero, con una bella ambientazione. Propone il tema del Nazismo in modo insolito, che avrebbe potuto essere davvero interessante, se solo fosse stato indagato più a fondo.

In una parola: carino (aggettivo positivo, ma che contiene un pizzico di insulsaggine, e due di frivolezza). Ma che, come spesso accade, come caso letterario è del tutto ingiustificato.

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