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martedì 7 maggio 2013

Non c'è amore da parte dell'autore...


LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI





Bellissimo il titolo e il concetto in esso racchiuso (due persone speciali – nel bene e nel male –, uniche, vicinissime, e che, proprio in virtù di questo sono matematicamente assimilabili ai cosiddetti “numeri primi gemelli”, come 11 e 13, o 17 e 19: destinati a sfiorarsi, rimanendo però eternamente separati – c'è sempre un numeretto fra loro – incapaci di colmare la piccolissima distanza che li divide. Tuttavia continuano a inseguirsi, rincorrersi, cercarsi, in un gioco infinito che non possono vincere).

Bellissima la copertina, bellissimo l'incipit.

La bellezza, però, è tutta lì.

La storia parte bene, si complica dignitosamente, acquista spessore, ma poi si aggroviglia, inciampa e si appiattisce, senza arrivare da nessuna parte.

Una mia amica (Dany) l'ha definita “un giocattolino”. Ha ragione: la trama è costruita a tavolino ed incartata con un bel fiocco sgargiante, che sa tanto di corso per scrittura creativa e che non va molto più in là. Una storia che, anziché scaldarsi, si raffredda e si irrancidisce, e in cui, alla fine, mancano sia lo zucchero che il sale.

Si badi, non mi sto lamentando per la mancanza dell'happy end: quello non poteva esserci, è chiaro, o avrebbe disatteso il titolo, rendendo solo la vicenda più banale, impoverendola. E non sono nemmeno così superficiale da pretendere che la narrazione debba essere allegra per poterla apprezzare.

No, quello che lamento è che qui non c'è amore da parte dell'autore. Manca il suo personale vissuto, la sua esperienza. Manca lui. O comunque non si avverte.

I sentimenti vengono descritti, certo. Ma sembrano solo appiccicati ai personaggi, che non danno l'idea di viverli davvero, ma soltanto di accompagnarcisi casualmente.

Non sembrano fatti affrontati di persona, sulla propria pelle, ma ritagliati un po' qua e un po' là e poi assemblati in un collage.

L'ultima parte, poi, sembra frettolosa, come se ad un certo punto Giordano non sapesse bene che pesci prendere.

Si è fatto tanto clamore per questo romanzo, ma credo che sia solo perché è piaciuto alla gente che non legge (o che legge sei libri l'anno) e che non è abituata ad arrivare in fondo ad un'opera che può essere considerata – per l'argomento trattato, almeno – “impegnata”.

C'è di molto, molto peggio, sia chiaro (ad esempio: “Acciaio” della Avallone, “Va' dove ti porta il cuore” della Tamaro, o “Il codice da Vinci” di Dan Brown). Questo romanzo, se non altro, ha dei contenuti e dei motivi di interesse, e anche lo stile non è male: semplice, scorrevole, con qualche tocco di originalità grazie alla commistione con il linguaggio “della fisica”. Lucido, a volte quasi chirurgico.

Insomma, “La Solitudine dei Numeri Primi” si guadagna la sufficienza piena.

Ma il capolavoro... Quello è un'altra cosa.

1 commento:

  1. Un vantaggio secondo me questo libro lo ha avuto: ha indotto parecchia gente ad aprire un libro di matematica per capire cosa fossero questi fantomatici numeri primi "gemelli"

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