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lunedì 13 maggio 2013

Un inedito giovanile...


RIESUMATO DAI TEMPI DEL LICEO...



...e mai pubblicato.

Parlo de “Lo Scarafaggio”, che propongo qua sotto.

L'avevo scritto in I° Liceo, se non sbaglio, e qualche mio vecchio compagno l'ha già letto.

Ovviamente da allora l'ho rimaneggiato parecchio, ma la trama è quella.

Avrei voluto inserirlo fra i “Raccontini Malati”, ma il MPM mi aveva costretto ad escluderlo perché ha uno stile narrativo troppo diverso dagli altri e avrebbe stonato.

Ma a me piace, quindi ve lo sparo oggi (forse è l'unico brano che salverei dalla mia, pur vasta, produzione giovanile... Questo e un romanzino demenziale scritto in III Media, che però, sob!, non è più in mio possesso da illo tempore, essendomi stato rubato – tecnicamente trattasi di appropriazione indebita – una ventina d'anni fa dalla mia terribile quanto adorabile ex prof. di francese...).

Et voilà.








LO SCARAFAGGIO





Pavimento bianco.
Lucido.
Appena lavato.

Il secchio dell'acqua sporca era ancora lì, vicino alle scale.

Una macchia nera.
Grossa. Improvvisa.


Attraversò il pavimento, velocissima.

Lei la vide.

«Che schifo» disse. «Se c'è una cosa che mi disgusta sono gli scarafaggi. Non perché siano repellenti, no... Anche se lo sono. E' che camminano maledettamente in fretta: è difficile prenderli. Scappano. Sono rapidi, veloci. Sgusciano via. Fanno schifo.»



La donna si diresse verso la macchia.

La macchia era immobile nell'angolo opposto alle scale. Guardava con interesse la parete sovrastante.

La donna si avvicinava.
Adesso incombeva sulla macchia.


«Sei in trappola!» disse con un misto di disprezzo e trionfo.

Le antenne dello scarafaggio si muovevano.
Il suo corpo era nero, lucido, quasi viscido.
Era grosso.
Schifoso.


La donna si chinò.«Vedi», disse, «quanto è brutto? Ma adesso è fermo. Non cammina più con quelle zampette schifose e veloci...»


Lo scarafaggio si voltò.
La guardò.


«...quelle zampette rapide e nere...»


La donna aveva in mano un cilindro allungato, con un beccuccio in cima e un ghigno sprezzante sulla faccia.


«...quelle zampette svelte e brutte...»


Lo contemplava.

Per un attimo i loro sguardi furono come incrociati.

Lei pregustava il momento in cui lo avrebbe ucciso, si capiva dalla voce.
Con il cilindro, probabilmente.

Ma non lo avrebbe schiacciato, a nessuno piaceva il rumore di una corazza di scarafaggio che si rompeva.

No. Semplicemente dal cilindro sarebbe uscito qualcosa, uno spruzzo. Probabilmente dal beccuccio che la donna rivolgeva costantemente verso di lui.



«Sei in trappola» ripeté.

Lui cominciò a camminare.
Verso di lei.


Lentamente.

Lentissimamente.

Lei si ritrasse indietro.

Lui avanzava.

Piano.

Pianissimo.

La donna scattò in piedi.

Lui avanzava.

Lentamente.
Lentissimamente.


La donna urlò.


Adesso c'era solo terrore.


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