RIESUMATO
DAI TEMPI DEL LICEO...
...e
mai pubblicato.
Parlo
de “Lo Scarafaggio”, che propongo qua sotto.
L'avevo
scritto in I° Liceo, se non sbaglio, e qualche mio vecchio compagno
l'ha già letto.
Ovviamente
da allora l'ho rimaneggiato parecchio, ma la trama è quella.
Avrei
voluto inserirlo fra i “Raccontini Malati”, ma il MPM mi aveva
costretto ad escluderlo perché ha uno stile narrativo troppo diverso
dagli altri e avrebbe stonato.
Ma
a me piace, quindi ve lo sparo oggi (forse è l'unico brano che
salverei dalla mia, pur vasta, produzione giovanile... Questo e un
romanzino demenziale scritto in III Media, che però, sob!, non è
più in mio possesso da illo tempore, essendomi stato rubato –
tecnicamente trattasi di appropriazione indebita – una ventina
d'anni fa dalla mia terribile quanto adorabile ex prof. di
francese...).
Et
voilà.
LO
SCARAFAGGIO
Pavimento
bianco.
Lucido.
Appena lavato.
Lucido.
Appena lavato.
Il secchio
dell'acqua sporca era ancora lì, vicino alle scale.
Una macchia
nera.
Grossa. Improvvisa.
Grossa. Improvvisa.
Attraversò il
pavimento, velocissima.
Lei la vide.
«Che
schifo»
disse. «Se
c'è una cosa che mi disgusta sono gli scarafaggi. Non perché siano
repellenti, no... Anche se lo sono. E' che camminano maledettamente
in fretta: è difficile prenderli. Scappano. Sono rapidi, veloci.
Sgusciano via. Fanno schifo.»
La donna si
diresse verso la macchia.
La macchia era
immobile nell'angolo opposto alle scale. Guardava con interesse la
parete sovrastante.
La donna si
avvicinava.
Adesso incombeva sulla macchia.
Adesso incombeva sulla macchia.
«Sei
in trappola!»
disse con un misto di disprezzo e trionfo.
Le antenne
dello scarafaggio si muovevano.
Il suo corpo era nero, lucido, quasi viscido.
Era grosso.
Schifoso.
Il suo corpo era nero, lucido, quasi viscido.
Era grosso.
Schifoso.
La donna
si chinò.«Vedi»,
disse,
«quanto
è brutto? Ma adesso è fermo. Non cammina più con quelle zampette
schifose e veloci...»
Lo scarafaggio
si voltò.
La guardò.
La guardò.
«...quelle
zampette rapide e nere...»
La donna
aveva in mano un cilindro allungato, con un beccuccio in cima e un
ghigno sprezzante sulla faccia.
«...quelle zampette svelte e brutte...»
Lo
contemplava.
Per un attimo
i loro sguardi furono come incrociati.
Lei
pregustava il momento in cui lo avrebbe ucciso, si capiva dalla
voce.
Con il cilindro, probabilmente.
Con il cilindro, probabilmente.
Ma non lo
avrebbe schiacciato, a nessuno piaceva il rumore di una corazza di
scarafaggio che si rompeva.
No.
Semplicemente dal cilindro sarebbe uscito qualcosa, uno spruzzo.
Probabilmente dal beccuccio che la donna rivolgeva costantemente
verso di lui.
«Sei
in trappola»
ripeté.
Lui cominciò
a camminare.
Verso di lei.
Verso di lei.
Lentamente.
Lentissimamente.
Lei si
ritrasse indietro.
Lui avanzava.
Piano.
Pianissimo.
La donna
scattò in piedi.
Lui avanzava.
Lentamente.
Lentissimamente.
Lentissimamente.
La donna urlò.
Adesso c'era solo terrore.
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