VILLA
METAPHORA
di Andrea De Carlo
Personaggi
sgradevoli (il politico in particolare) e altri gradevoli,
rappresentativi di qualcosa di più della loro singola identità -
incarnando poteri, status, nazioni, culture e ceti sociali -
contrapposti in un gioco di ruoli, di sogni, di ambizioni e
prospettive, in un romanzo che parte statico e introspettivo,
piuttosto lento, ma si rivela sanguinoso (4 morti) e irto di
incidenti.
Critiche
e conflitti in cui torti e ragioni vengono continuamente ristabiliti,
diverbi, scontri di personalità... Si scopre il marcio (di solito) e
il buono di ognuno (che a volte è solo fragilità o insicurezza).
L'opera
racchiude molti dei pregi tipici di De Carlo, che gratta la
superficie dei rapporti umani fino a che si sgretolano, per
focalizzarsi sulle dinamiche che riflettono e coglierli nella loro
verità essenziale, con lucidità ed esattezza, scandagliandoli...
Che ha la capacità, con la sua prosa al presente, con gli aggettivi
che si addizionano e rinforzano l'un l'altro, di afferrare l'attimo,
vivo, guizzante, mentre accade, di offrire lo spaccato di un momento
e attraverso di esso dell'uomo di oggi e del suo sistema di
pensiero...
Il
tutto, però, viene complicato all'estremo a causa del cospicuo
numero di protagonisti, che si avvicendano ad analizzare e cogliere
in fallo la società evidenziando i percorsi che l'hanno determinata.
In generale, i personaggi sono costruiti con accuratezza, ma
ricalcano troppo gli stereotipi (la francese snob, il tedesco
nazistoide...) e i cliché di oggi.
L'ambientazione
mozza il fiato, primordiale, impetuosa, sublime, ricca di spazi e di
immensità, lo stile è fluido, variegato, ama individuare il
dettaglio con precisione chirurgica e intagliarlo in modo netto,
cercando di adattarsi al punto di vista dei personaggi (anche se le
parti dedicate a Carmine, in pseudo-dialetto tarese, sono quasi
illeggibili e senz'altro fastidiose).
Il
finale è aperto, e non poteva che essere così.
Un
libro interessante, coinvolgente, ma che non riesce ad appassionare.
P.S.
Per
chi, come me, ha letto tutti i romanzi di De Carlo, una piccola
chicca: la ragazza Lara Laremi, il cui cognome non è frutto di
casualità, è la figlia di Guido Laremi, protagonista del più
incredibile fra i successi di quest'autore: “Due di Due”.
Sono rimasto stupito da quella che tu definisci "piccola chicca"! In realtà solo chi legge davvero tanto e con passione (cosa che tu sicuramente farai) poteva addirittura riuscire ad individuare il rapporto di parentela tra personaggi di due libri differenti. Complimentissimi!
RispondiEliminaIn realtà non è tanto difficile, in questo caso... "Due di Due" si apre con una frase tipo "La prima volta che ho visto Guido Laremi" che rimane impressa per quanto è diretta. In generale, poi, De Carlo chiama spesso i suoi personaggi con nome e cognome, quindi è più dura dimenticarli, specie se sono carismatici come Guido. Inoltre "Due di Due" è stato il maggior successo di De Carlo, per cui, quando in "Villa Metaphora" compare Lara Laremi, non si pensa ad una casualità... Lo stesso autore, poi, batte spesso sul ricordo del padre perduto di Lara (che tra l'altro caratterialmente un po' ricorda Guido), citando persino il romanzo "Canemacchina", che il personaggio avrebbe scritto in "Due di Due" e quindi confermando la tesi in modo esplicito... Tutto sto panegirico sconclusionato per dire che se hai letto "Due di Due" è difficile non cogliere i riferimenti, perché sono piuttosto insistiti... Provare per credere! Comunque grazie!
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