IL
NOME DELLA ROSA
di Umberto Eco
Umberto
Eco, sommamente dotto, col pretesto di scrivere romanzi, modella
invece trame (di solito dall'incipit accattivante) plasmandole a
forma di contenitore per infilarci stralci di saggi travestiti da
digressioni.
Tanti
lo criticano per questo, ma a me (con l'eccezione de “Il Cimitero
di Praga”, che ho trovato un po' noioso) questo suo vizietto piace
da matti: in primis perché lo caratterizza rendendolo unico e
diverso da tutti (e a me la varietà stuzzica), in secondo luogo
perché o imparo qualcosa di nuovo o mi compiaccio di quel che già
so, e intanto mi diverto a balzare da un argomento all'altro, come in
una sorta di brain stroming. Insomma, viva Eco!
Ne
“Il nome della Rosa”, però, mi sembra che la sua menzionata
mania si sposi benissimo con la trama, che magari ne risulta
appesantita nelle pagine iniziali (diciamo approssimativamente per le
prime 200, che comunque ho letto volentieri), ma che poi decolla e
finisce col fondersi perfettamente con essa, mentre l'azione prende
il sopravvento sulle speculazioni storico-filosofiche.
Ad
ogni modo, in questo romanzo (a differenza, ad esempio che ne “Il
Pendolo di Foucault”, “Baudolino” o “La misteriosa fiamma
della Regina Loana” in cui, al di là delle incursioni culturali,
non c'è molta sostanza, né troppa fantasia, sebbene mi siano
piaciuti tutti quanti) la storia è predominante e magnificamente
costruita, e sono persino splendidi i due protagonisti, Guglielmo e
Adso, perfettamente complementari, laddove di norma Eco sforna invece
personaggi un po' piatterelli (senza offesa).
E'
un giallo di ambientazione medievale, quello che andiamo affrontando,
con un bell'intreccio, intelligente e ben congegnato, a cavallo tra
bene e male, con risvolti semi-horror densi di fascino e
inquietudine. A tratti, anzi, fa quasi accapponare la pelle dal
terrore, rivelando i lati oscuri di un monastero, ma anche
ammaliandoci mentre ci permette di scoprirne la quotidianità e le
abitudini, calandoci nel contesto storico (XIV secolo) e dotandoci
degli strumenti per comprenderlo appieno.
E'
un libro impegnativo, d'accordo, ma, anche appassionante, e se si
hanno fiducia e pazienza, è uno di quei capolavori che restituisce
moltiplicato ciò che pretende. Personalmente l'ho trovato
bellissimo, e quando l'ho finito mi sono sentita arricchita: non solo
sul piano culturale, ma soprattutto spiritualmente e umanamente.
Nessun commento:
Posta un commento