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martedì 13 agosto 2013

Un mediocre uomo medio...


CACCIATORE DI ANDROIDI
di Philip Dick

Non leggete il romanzo perché conoscete “Blade Runner” a memoria?
La verità è che non sapete niente... Non sapete neanche se gli androidi sognano pecore elettriche... Non sapete nemmeno che cosa sono le pecore elettriche, e quale disperata importanza rivestano, perché nel film non ci sono, così come manca un altro milione di cose, soprattutto a livello di atmosfera, di suggestione, di concetti, di significato e di implicazioni.
Che diamine, nella pellicola cinematografica il protagonista, Deckard, non è neppure sposato, ed anzi è solo un mediocre uomo medio, altro che Harrison Ford! E Nulla conoscete del culto di Mercer o di Buster Friendly, e nemmeno del regolatore di umore o della scatola empatica...
Quello che avete avuto con Blade Runner, insomma, è solo un antipastino.
Buonissimo, certo, sfizioso, ma incapace di saziare.
E' pur vero che rispetto al romanzo, anche nel film c'è qualcosa in più: Harrison Ford, appunto, l'uomo più figo dell'universo, la colonna sonora di Vangelis, e la bellissima frase che pronuncia Roy Batty prima di morire.
Il libro però, come quasi tutti i capolavori di Dick, è di una complessità e di una ricchezza inarrivabili, permeato da una profonda solitudine interiore, da una cupezza senza scampo, e da una capacità inventiva fuori dal comune, che avvincono il lettore creando per lui realtà nuove, stratificate e multiformi, dagli infiniti colpi di scena e su cui il dubbio nel dubbio del dubbio si affaccia sempre, pronto ad alterare e distorcere il nostro punto di vista, a metterlo in discussione.
E a indurci a ricrederci, ogni volta, privati di qualunque certezza o convinzione, senza neanche la sicurezza di essere noi stessi.
In che cosa si differenziano davvero umani e androidi?
E la differenza è davvero significativa?
Un romanzo di fantascienza ai massimi livelli, che è anche una riflessione filosofica sulla natura dell'uomo.
Che non è solo fantascienza, ma anche, semplicemente, letteratura.

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