LA
STANZA DEL VESCOVO
di Piero Chiara
di Piero Chiara
Peculiare
commedia a base di corna e avventure galanti, che poi cambia registro
e si tinge di giallo, e quindi si incupisce, colorandosi di nero e di
rosso. Rosso sangue.
Siamo
sul lago maggiore, nel 1946, e ci piace veleggiare. Siamo uomini di
mondo, benestanti, senza pensieri, e, insomma, nulleggiamo, ci
concediamo qualche avventura galante, e intanto facciamo la
conoscenza con Temistocle Mario Orimbelli, simpaticissimo e alla
mano, un po' più anzianotto di noi, con una brutta e ricca moglie
bisbetica (che di cognome fa Berlusconi, Uh! Uh!), che lui non ama.
Ma ha dei pregi, la vecchia arpia, ad esempio è sua la lussuosa
villa sul lago in cui cordialmente i coniugi Orimbelli ci daranno
ospitalità (nella stanza del vescovo, appunto, detta così per via
della presenza degli abiti dell'avo della padrona di casa) in modo
che noi e il gagliardo marito, che dell'adulterio si fa un baffo,
diveniamo compagnucci nelle nostre imprese mondane... Nella villa
risiede anche Matilde, la bella cognata dell'Orimbelli, mentre lui,
anche se non ce lo rivela subito, custodisce un segreto remoto,
perduto nei meandri della guerra...
Che
diavolo, il libro mi è piaciuto! Bella l'atmosfera decadente,
suggestiva l'ambientazione: i luoghi diventano vivi e li assapori
attraverso la carta, scrutando il lago in tutti i suoi riflessi.
Splendida la scrittura, asciutta e fluida, ma incline alla bellezza,
con screziature e vertigini lessicali... La trama in se per sé non è
originalissima, ma è perfetta così, e la diviene, originale: per la
sua semplice autenticità, che non mira a stupire a tutti i costi, ma
che tuttavia sorprende, intriga, incuriosisce... Per il magnifico e
inaspettato crescendo, con un occhio a vizietti di provincia e uno
alla satira della borghesia, per i personaggi, volutamente orribilini
e senza valori, di cui però ti affascina la psicologia, e
soprattutto, per me che adoro gli ibridi, per il graduale cambio di
registro, per il passaggio dalla farsa alla tragedia. Non repentino,
non forzato, ma non per questo non meno traumatizzante. Alla fine
resti lì, con la bocca un po' aperta, incapace di gridare, ma con un
mezzo urlo che ti si ferma in gola.
E
quando il finale ti pare già scritto, la pagina viene voltata di
nuovo.
Mi hai incuriosito...lo compro! In più è ambientato nelle mie zone ;)
RispondiEliminaOkay, allora poi fammi sapere se ti è piaciuto!
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