CELLA
211
di Francisco Pérez Gandul
Ciò
che mi ha attratto in questo romanzo è stata l'ambientazione
carceraria che, non so perché, mi ha sempre affascinata. Nella
fattispecie qui si racconta la storia di Juan Olivier, neoassunto
come secondino in un carcere di massima sicurezza, con una moglie
giovane, incinta e innamorata che lo aspetta a casa. Il nostro Juan è
un ragazzo preciso e si presenta in anticipo sul posto di lavoro,
trovandosi però, suo malgrado, impastoiato in una rivolta dei
detenuti capeggiati dal tremendo Malamadre, il più pericoloso di
tutti. Ovvio che se i carcerati dovessero scoprire che il nostro è
uno sbirro questi farebbe una brutta fine... Ma non lo conoscono, è
nuovo, senza divisa, e grazie ad astuzia e sangue freddo, Juan si
spaccia per uno di loro... Malamadre, però, è un osso duro...
Un
thriller coinvolgente, con un buon crescendo, il cui elemento più
interessante è il trasformismo del protagonista (un buon mix di
vulnerabilità e forza, ma soprattutto forza), che all'inizio può
apparire un po' sprovveduto, benché coscienzioso, un po'
“mammoletta”, ma che invece si adatta in fretta rivelando
notevoli attributi.
Poi
c'è Malamadre, il cattivo, l'antagonista, attraente e sgradevole ad
un tempo, anche se un po' tagliato con il coltello, la questione
basco-spagnola, una discreta dose di violenza resa con un linguaggio
crudo ed efficace, frequenti colpi di scena.
Altro
elemento di pregio il triplice punto di vista, supportato da registri
diversi, che permette una maggior introspezione.
Nel
complesso il romanzo si legge con piacere, è avvincente, ben
costruito, ma non mi ha lasciato troppo di sé dopo l'ultima pagina.
Eppure il finale, altamente drammatico, è azzeccatissimo e innalza
ulteriormente il valore del libro. Dunque? Qual è il problema?
Forse
solo che sotto sotto speravo in un altro “Il fine ultimo della
creazione” di Tim Willox... Amen.
P.S.
Da
questo romanzo è stato tratto un film che a quanto pare ha riscosso
molto successo, ma che non ho ancora visto...
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