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mercoledì 4 dicembre 2013

Ti strappano l'anima


CALCOLI RENALI

 
Ogni tanto tornano e fanno male, anche se, negli ultimi anni, me la sono sempre cavata con un po' di sabbia e qualche leggera contorsione...

Tuttavia, quando, circa dieci anni fa, si erano presentati in tutto il loro splendore avevano stravolto completamente la mia concezione del dolore... Che è mai una succosa carie curata senza anestesia (il mio dentista è un po' sadico)? Niente più che un brividello sulla schiena, al confronto.

I calcoli renali ti strappano l'anima e rendono particolarmente difficile immaginare di essere un'eroina torturata per salvare il mondo per rendere la situazione più nobile e sopportabile. Sono dolore, puro e incontaminato, assoluto, totale, che annichilisce ogni pensiero. Io personalmente non riesco a stare sdraiata, né seduta (quindi assumo curiose posizioni alla Quasimodo), e mi sento come se delle mani di strega mi strappassero le viscere, di continuo, rimestando per bene. Nel frattempo accuso dolori allo stomaco, bruciori, spasmi.

Oggi, chissà perché, ho voglia di rimembrare la mia esperienza, che naturalmente, come sempre, presenta anche tragici risvolti familiari...

Ebbene, era una notte buia e tempestosa, anche se era giugno inoltrato e il tempo era sereno... Ore 3.00 a.m., accuso un dolore lancinante alla schiena e ogni quindici minuti circa corro in bagno a rimettere. Prima la cena, poi i succhi gastrici. Sveglio sorella e genitori, con il caos che faccio. Pater mi deride. Avrai mangiato troppo, come al solito!, dice. Io mi indigno, è vero che sono golosa, ma non ho mai avuto un'indigestione in vita mia, e poi il dolore è davvero troppo. Avrai preso un colpo d'aria, suggerisce Chiccachu (in giugno?), che quanto meno mi consiglia un bagno caldo e si offre di farmi un massaggio. Io per poco non mi vomito nella vasca, ma a parte questo il dolore non passa. Non sono una che si lamenta facilmente, non sto a casa malata quando ho il raffreddore (in cinque anni di Liceo, ho fatto circa tre giorni di assenza), ma adesso sto davvero contorcendomi. I miei se ne tornano a dormire.

Ore 4.00, temo di avere un ulcera. Non rimetto sangue, ma ho il corpo totalmente svuotato, com'è che continuo a correre in bagno? Ormai sono a corto anche di succhi gastrici.

Ore 5.00, un lampo di genio: consulto l'enciclopedia medica e deduco che non di ulcera si tratta, ma di calcoli, di cui tra l'altro soffre anche il Pater e già soffriva mio nonno. Non sono pericolosi, fanno solo male, non morirò!

Ore 5.30, do la notizia al Pater. Pater mi deride. Bevi un po' d'acqua, allora, no? Basta bere e camminare.... Già, peccato che io abbia perso la capacità di trattenere liquidi e che ormai non stia più manco in piedi. Lo maledico. Lo insulto. Gli tiro l'enciclopedia medica. Pater ride. Ha un umorismo bizzarro e criminale.

Ore 7.30, mi trascino sul letto dei miei e li prego di portarmi d'urgenza in Ospedale. Mater chiede se non posso aspettare le 13.30, così mi accompagna dal dottore, che apre lo studio in quella fascia oraria. In un fil di voce, rappresento che non sono sicura di arrivare nemmeno alle 7.33. Svogliatamente, Mater si alza.

Ore 7.45, appena mi presento a Santa Corona mi rovescio sulla sedia del Pronto Soccorso e l'infermiera gentilmente mi fa passare davanti a tutti.

Mi fanno dieci fiale di emobromo (di solito ne bastano quattro per far passare il dolore), ma il male resta. Dall'ecografia risulta che in effetti il rene è dilatato in modo assurdo e spropositato. Com'è possibile? Si stupisce il medico.

Taccio sulla condotta scriteriata dei miei genitori.

Mi ricoverano e finalmente Mater comincia a sentirsi un po' in colpa...

Pater no. Pater non capisce perché debba recare tanto disturbo a 'sta povera gente... Sigh!

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