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domenica 30 marzo 2014

Moralmente devastante


E ORA PARLIAMO DI KEVIN
di Lionel Shriver

 
Il romanzo si presenta come una raccolta di lettere scritte da Eva al marito, Franklin, da cui si è separata, ma che lei continua ad amare.

Il punto, però, non è tanto il loro rapporto, che pure viene sviscerato e analizzato minuziosamente, sin dalla radice, quanto piuttosto quello tra i genitori (e lei in particolare) e il figlio, l'adolescente Kevin. Che poco prima di compiere sedici anni ha ucciso otto compagni di scuola e un'insegnante.

Cambiando tutto.

Oscilliamo dunque tra il presente doloroso di Eva, fatto di povertà (il processo e il risarcimento alle famiglie delle vittime l'ha costretta a rinunciare al benessere), senso di colpa, visite in carcere, solitudine e meschine vendette, e il passato, in cui lei, lungi dal rifugiarsi, cerca quei campanelli d'allarme spaventosi, che all'epoca l'avevano impaurita, ma comunque non preparata agli eventi brutali in attesa dietro l'angolo.

Il perno della sua esistenza, infatti, d'ora in poi, sarà il giovedì in cui Kevin ha compiuto il massacro, e attorno a cui, inevitabilmente, ruoterà ogni suo pensiero, tornando su se stesso, in cerca di una spiegazione, di un perché.

Un romanzo fortissimo, sottile, crudele, complesso, e moralmente devastante, sull'amore e sulla morte, che potrà non piacerci, ma mai lasciarci indifferenti. Terribile, ma anche dolcissimo, fatto di dolore e di biasimo, di sconcerto e sospetto. Ma anche di dedizione, amore e sacrificio, il cui nocciolo è la maternità.

I personaggi sono persone viventi, rese in ogni pulsione, pensiero, stato d'animo, esitazione o incertezza (quanto intense saranno le nostre emozioni a riguardo!).

Il montaggio è superbo, il ricorso ai flashback calibrato al millimetro, eppure senza schema. Lo stile è magistrale, con un frasario spontaneo, ma ricercato, in cui ogni sfumatura viene descritta con un'esattezza incomparabile e la prosa scorre in un flusso gentile, ma irto di asperità inaspettate.

Già così la trama sembra abbastanza scioccante, e crediamo erroneamente che sia definita. Ma la verità è che ci sono altri colpi di scena. Alcuni piccoli, che produrranno domande; altri che ci lasceranno attoniti, allibiti, esanimi. Soprattutto verso la fine.

E continueremo a sentirne il sapore per giorni, in un perenne reflusso gastrico, affannandoci a ripercorrere tutto da capo, come Eva, vagando attorno al giovedì, trovando chiavi di lettura diverse, in cerca di redenzione, di comprensione, di uno spiraglio (e qualcuno, invero, ci sarà, e sarà caldo e colmo di luce).

Ma anche in cerca di dettagli, per scoprire che no, non siamo stati ingannati: abbiamo dato noi per scontato che fosse così, perché era logico, doveva esserlo.

Sbagliavamo.

Non è un romanzo horror, questo. Eppure lo è, lo è dentro, e fa davvero male.

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