LA
DONNA PERFETTA
di Ira Levin
Non
ci viene mostrato nulla, però si allude tanto, e questo è
sufficiente per inquietarci. Spaventarci, persino.
Eppure
non è un horror, e forse nemmeno un thriller. C'è tanta ironia,
graffiante, pungente, ma anche parecchio disagio.
La
fine non ci viene spiegata, ma noi la vediamo lo stesso. Non abbiamo
conferme, ma anche sì. E ne restiamo agghiacciati.
Joanna
si trasferisce con la famiglia nell'idilliaca cittadina di Stepford,
l'ideale per crescere i figli. Siamo in America, inizio anni
Settanta, il femminismo ormai si sta affermando e Joanna è una donna
moderna, volitiva, con l'hobby della fotografia, che però le
garantisce saltuari guadagni e talvolta la pubblicazione dei suoi
lavori. Non è una di quelle mogli sempre impeccabili, eleganti e
truccate, e neppure una perfetta massaia. Le donne di Stepford sì,
però, praticamente tutte. Formose, curatissime, sempre affaccendate
nella pulizia della casa, senza interessi e senza passioni. La
perfezione, dal punto di vista maschile. Dal punto di vista
femminile, però, sono vuote, aberranti.
A
Joanna la circostanza che siano tutte così pare strana, soprattutto
perché, scopre, a Stepford la realtà prima era diversa. Quando il
Club degli Uomini, frequentato anche da suo marito, non c'era ancora
le sue vicine stereotipate erano sempre in fermento. Attive, vivaci.
Come lei. Dunque? Anche una sua amica cambia, una ancora più
emancipata di lei. E da un giorno all'altro. All'improvviso. Dopo un
week-end romantico col marito... Quindi? Che cosa è accaduto?
Sostanze dannose nell'aria? E perché colpiscono solo le donne? E'
qualche gas? Oppure...
Il
titolo con cui questo libro è stato pubblicato la prima volta in
Italia è “La fabbrica delle mogli”, e questo la dice lunga...
Il
Romanzo è avvincente, attuale, benché scritto nel 1972, e si legge
in un attimo: lo stile è asciutto, asettico, ma brillante. Il punto
di vista è quello di Joanna e ci consente maggiore immedesimazione.
All'inizio va tutto bene, siamo contente di essere a Stepford. La
casa è bella, i vicini gentili, il quartiere elegante. Poi
scivoliamo nella paranoia. Lentamente, ma non troppo.
Solo
che non è paranoia.
Nella
mia edizione c'è l'introduzione di Chuck Palahniuk che osserva
alcune cose intelligenti, e ne sostiene altre che non condivido.
Il
mio consiglio è di leggerla alla fine, dopo aver affrontato il
romanzo.
E
di non fidarsi troppo dell'autore di “Fight Club”.
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