DIECI
di Andrej Longo
Come
dieci sono i Comandamenti.
A
questo si ispira il libro, una raccolta di racconti fulminanti,
brevi, duri, coperti di ferite, che si soffermano su ciascuno dei
precetti divini (Non rubare, Non uccidere, Onora il padre e la
madre...) in modo esatto e crudo, veloce ed essenziale.
Senza
scampo.
Sono
tutti ambientati a Napoli, con protagonisti diversi, carnefici o
vittime, o entrambe le cose. Sono interessanti presi singolarmente
(tra tutti quello che ho preferito è il dolorosissimo “Non
commettere atti impuri”), ma se considerati l'uno in fila all'altro
creano un affresco attuale, vivido, variopinto, che denuncia e mette
in luce molti mali, partenopei e non, offrendo lo spaccato di una
realtà troppo spesso sentita come lontana, distante. Ma che è qui.
A un passo da noi. Non solo a Napoli.
I
Comandamenti vengono violati tutti, sistematicamente, in ogni
racconto. Ma talvolta senza colpa, suggerendo un'assoluzione, più
che una condanna.
Ma
più sovente le colpe ci sono, e gravi, però non sempre sono
attribuibili solo all'individuo. Anche il sistema è responsabile,
anche chi non c'è, chi non guarda. Specie le istituzioni.
C'è
una punta di polemica, nell'accostamento religioso, ma pure un senso
di speranza.
Perché
è vero che in certi contesti Dio pare assente e noi ci sentiamo
invischiati e avvinti da una subcultura brutale che in qualche modo
ci priva del libero arbitrio in nome della sopravvivenza. Ma è
altrettanto vero che è possibile ribellarsi e andare controcorrente,
rispettando il nostro prossimo e noi stessi. Ce lo insegna il
vecchietto di “Non rubare”, non a parole, ma con le azioni.
I
personaggi ricalcano i tipici stereotipi urbani del meridione (dal
boss alla sgualdrella), ma non paiono un vuoto cliché, sembrano
veri, sono fragili, umani, e sono incisivi, restandoci impressi e
strappandoci della tenerezza, della compassione. Le trame non
brillano per originalità, ma riescono ugualmente a sorprendere, a
sbarrarci gli occhi, a rivelarci qualcosa. I dialoghi sono scarni, ma
realistici e il libro si legge in un lampo, non solo perché è
corto. Ma perché è affilato, tagliente.
E
ci impone di continuare a leggere.
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