QUEL
CHE RESTA DEL GIORNO
di Kazuo Ishiguro
Non
fatevi ingannare dal nome dell'autore: il romanzo è estremamente
british, non solo per l'ambientazione, ed infatti Ishiguro è
naturalizzato inglese.
L'elemento
più bello è costituito dalla trama: una storia d'amore bellissima e
straziante, eppure per nulla eclatante, anzi evanescente, fra le
righe, che non si qualifica nemmeno come tale se non dopo che è
troppo tardi. Questa la meravigliosa vertigine del libro, questo il
motivo per cui vi farà innervosire. Eppure, ragionandoci, converrete
che non può che essere così, altrimenti leggerlo non avrebbe avuto
lo stesso incredibile, inusitato sapore.
Ma
ci sono anche altri elementi preziosi che si sovrappongono, e che
hanno a che fare con la devozione (che può essere cieca e acritica,
per quanto improntata al dovere e di per sé encomiabile), con la
dignità e i suoi corollari, con le catene con cui ci si lega
personalmente e che ci impastoiano senza che noi ce ne rendiamo conto
in nome di qualcosa che fa parte di noi, ma che non è detto valga
davvero la pena di coltivare...
Un
romanzo che è bellissimo leggere, ma che è ancor più bello finire,
perché è a quel punto che ti scopri più ricco, illuminato, e
riesamini ogni situazione alla luce di quanto hai appreso...
Redatto
in forma di diario, esprime il punto di vista di Mr. Stevens, anziano
maggiordomo inglese della tenuta di Darlington Hall, che, nel 1956,
in teoria è finalmente dedito ad una vacanza in Cornovaglia, ad un
po' di respiro, che nella sua testa, però, è impegnato in un
viaggio per raggiungere Miss Kenton, ex governante di Darlington Hall
di quasi trent'anni prima, nella speranza di convincerla a farsi
riassumere e quindi nell'interesse di Mr. Farraday, il suo nuovo,
americano, datore di lavoro.
Il
viaggio durerà circa una settimana e Mr. Stevens avrà tempo di
riflettere, di ricordare i tempi andati, a cavallo fra le due guerre
mondiali, quando a Darlington Hall c'era ancora Lord Darlington, un
vero gentiluomo inglese, dalla morale tuttavia discutibile, e c'era
ancora Miss Kenton, e lui, Stevens, era decisamente più giovane...
Una
prosa sottile, delicata, armoniosa, in cui nulla è esplicito ma
tutto è sottinteso, creando così un senso di magica sospensione
capace di cogliere il ritmo dei tempi e dell'interiorità umana.
Mettendola però in discussione.
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