LA
CIOCIARA
di Alberto Moravia
Seconda
Guerra Mondiale, Italia: l'esercito tedesco sta per entrare in Roma.
Cesira e sua figlia Rosetta, rispettivamente una popolana bella ed
energica, vedova, ma dotata di spirito pratico e istinto di
sopravvivenza, e un'adolescente graziosa, ingenua e timidina, che
pensa solo all'ubbidienza e alla preghiera, si rifugiano in Ciociaria
con le loro quattro cose. Qui vivacchiano tra paura, stenti e disagi,
ma senza demoralizzarsi, senza che nulla di davvero terribile le
sfiori in modo troppo diretto o troppo indelebile, facendosi forza a
vicenda, potendo contare sul prossimo, e ritagliandosi persino
qualche momento di gioia. Poi, finalmente, arriva la Liberazione, si
tira il fiato, ci si mette in viaggio per tornare a casa... ed è
allora che, a sorpresa, si compie la tragedia, quella che tocca le
due donne da vicino, in prima persona. Che le sconvolge, che le
compromette, in primis sul piano morale, insinuandosi fra loro, nel
loro rapporto, alterandone gli equilibri e le sicurezze.
Io
non conoscevo la trama in anticipo, e quando sono arrivata qui sono
rimasta di stucco, perché proprio non ero preparata all'inversione
di rotta. Ma è in questo punto che converge il significato
principale del romanzo, che le due protagoniste fanno i conti con se
stesse e che si cela la bellezza più profonda del libro. Nel
paragone fra il prima e il dopo, nelle riflessioni che include,
sebbene negli ultimi capitoli Moravia un po' si smarrisca, come se
avesse fretta di concludere. O forse, perché ormai non resta più
nulla da dire. Perché ci ha già mostrato tutto.
Ma
prima...
Prima
c'è il capolavoro: l'intenso ritratto delle due donne, esatto e
puntuale, descritto con un linguaggio autentico, quello di Cesira,
semplice e colorito, rozzo, ma acuto, tanto impeccabile da apparire
letterario e contemporaneamente spontaneo e genuino.
Il
contrasto tra la mentalità della Roma cittadina, proiettata in
avanti, sul futuro, e quella contadina della Ciociaria, arroccata
sulla tradizione, sul passato, su valori antichi, e diffidente verso
il progresso.
La
figura di Michele, rappresentativa del ruolo dell'intellettuale, e,
forse, del suo destino. La trama, incalzante, incisiva, a tratti
capace di indurre il sorriso per la simpatia che suscita Cesira, ma
nuda e spietata, tipicamente Neorealista, e per questo grondante di
verità che si preferirebbe ignorare. La critica ai costumi borghesi,
il dramma della guerra vissuto da chi non l'ha scelta, l'esaltazione
dei valori umani in contrasto con l'ipocrisia della società...
Moravia
nel suo crudo splendore.
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