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lunedì 7 aprile 2014

Tipicamente Neorealista


LA CIOCIARA
di Alberto Moravia

 
Seconda Guerra Mondiale, Italia: l'esercito tedesco sta per entrare in Roma. Cesira e sua figlia Rosetta, rispettivamente una popolana bella ed energica, vedova, ma dotata di spirito pratico e istinto di sopravvivenza, e un'adolescente graziosa, ingenua e timidina, che pensa solo all'ubbidienza e alla preghiera, si rifugiano in Ciociaria con le loro quattro cose. Qui vivacchiano tra paura, stenti e disagi, ma senza demoralizzarsi, senza che nulla di davvero terribile le sfiori in modo troppo diretto o troppo indelebile, facendosi forza a vicenda, potendo contare sul prossimo, e ritagliandosi persino qualche momento di gioia. Poi, finalmente, arriva la Liberazione, si tira il fiato, ci si mette in viaggio per tornare a casa... ed è allora che, a sorpresa, si compie la tragedia, quella che tocca le due donne da vicino, in prima persona. Che le sconvolge, che le compromette, in primis sul piano morale, insinuandosi fra loro, nel loro rapporto, alterandone gli equilibri e le sicurezze.

Io non conoscevo la trama in anticipo, e quando sono arrivata qui sono rimasta di stucco, perché proprio non ero preparata all'inversione di rotta. Ma è in questo punto che converge il significato principale del romanzo, che le due protagoniste fanno i conti con se stesse e che si cela la bellezza più profonda del libro. Nel paragone fra il prima e il dopo, nelle riflessioni che include, sebbene negli ultimi capitoli Moravia un po' si smarrisca, come se avesse fretta di concludere. O forse, perché ormai non resta più nulla da dire. Perché ci ha già mostrato tutto.

Ma prima...

Prima c'è il capolavoro: l'intenso ritratto delle due donne, esatto e puntuale, descritto con un linguaggio autentico, quello di Cesira, semplice e colorito, rozzo, ma acuto, tanto impeccabile da apparire letterario e contemporaneamente spontaneo e genuino.

Il contrasto tra la mentalità della Roma cittadina, proiettata in avanti, sul futuro, e quella contadina della Ciociaria, arroccata sulla tradizione, sul passato, su valori antichi, e diffidente verso il progresso.

La figura di Michele, rappresentativa del ruolo dell'intellettuale, e, forse, del suo destino. La trama, incalzante, incisiva, a tratti capace di indurre il sorriso per la simpatia che suscita Cesira, ma nuda e spietata, tipicamente Neorealista, e per questo grondante di verità che si preferirebbe ignorare. La critica ai costumi borghesi, il dramma della guerra vissuto da chi non l'ha scelta, l'esaltazione dei valori umani in contrasto con l'ipocrisia della società...

Moravia nel suo crudo splendore.

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