LA
RAGAZZA CON L'ORECCHINO DI PERLA
di Tracy Chevalier
In
cui facciamo la conoscenza del pittore Jan Vermeer e di uno dei suoi
quadri più famosi (ma non soltanto): quello del titolo, appunto, e
della fanciulla che lo ha ispirato. Ma non si tratta di un'opera
noiosa e didascalica: al contrario è piena di pathos e quotidianità,
anche se i sentimenti non vengono proclamati a voce alta, ma si
celano nelle sfumature, nelle piccole attenzioni. In gesti che solo
due anime affini possono cogliere e da cui gli altri sono esclusi,
anche se hanno sposato l'artista o fanno parte della sua famiglia da
anni. E quando se ne accorgono non comprendono, se non parzialmente,
ma in un senso sbagliato. E si scatenano invidie e gelosie.
XVII
Secolo, siamo a Delft, in Olanda. Griet, la nostra protagonista, è
una fanciulla tranquilla, pacata, che quando taglia le verdure si
premura di disporle secondo un'armonia cromatica. Verrà così notata
da Vermeer, non ricco, magari, ma benestante, il quale la prenderà a
servizio presso la sua famiglia. Presto la composta servetta verrà
ammessa nel suo laboratorio, partecipando alla sua attività
artistica più di quanto abbia mai fatto chiunque altro prima...
Questo
romanzo mi è piaciuto per molti motivi: per la trama, di una
delicatezza e di una sensibilità sublimi, per lo stile dell'autrice,
diretto, scorrevole, ed al contempo denso di minuzie e di
suggestioni, per la possibilità che ci offre di respirare l'aria
autentica del tempo e di sbirciare nell'atelier di un grande pittore,
ma soprattutto per i personaggi, che ci vengono mostrati nella loro
interiorità, più che descritti, lasciando a noi le conclusioni,
come in tutte le opere migliori.
Ed
è proprio la complicità tra Griet, che finirà per posare per lui,
e Jan Vermeer il motore del romanzo. E può sembrare che non accada
nulla, ma la verità è che succede di tutto. E commuove, ma con
grazia, con misura, senza gli eccessi facili e scontati dei
polpettoni strappalacrime.
Un'opera
molto femminile, che definisco storica (nei tag) solo per la
collocazione temporale e da cui, nel 2003, è stato tratto l'omonimo
film di Peter Webber, con Colin Firth e Scarlett Johansson. In cui,
per una volta, la tragica immobilità facciale dell'attrice ha
giocato a suo favore rendendola un'interprete perfetta per il ruolo
di Griet e i suoi silenzi.
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