DANZA
DELLE OMBRE FELICI
di Alice Munro
Quindici
racconti brevi, di cui l'ultimo dà il titolo alla raccolta; primo
libro della vincitrice del Nobel 2013, nonché primo che leggo tra i
suoi.
Pare
che gli altri siano migliori e più maturi, ma a me questo è
piaciuto: per la sua levità che cela profonde risonanze, per la sua
sensibilità, tutta femminile, attenta a quelle sfumature che un uomo
di solito non nota, per lo stile puntuale, energico, un po' retrò,
per quell'atmosfera di sospensione che sa creare ogni tanto e che
pare preludere a qualcosa di eccezionale, che non avviene, fino a che
non ti accorgi che invece lo hai appena vissuto...
Si
parla di esclusioni (a tanti livelli differenti: dal mondo paterno,
dalle amiche, nelle dinamiche del ballo scolastico, dai sentimenti di
colui che fino a poco prima si aveva la convinzione essere il futuro
marito...), di personaggi che non riescono ad integrarsi e che
sperano di farlo, di rapporti sottintesi, delusi, frustrati, di
pensieri sussurrati, di attimi inesprimibili, per pudore o per
impalpabilità, e che tuttavia la Munro riesce a cogliere lo stesso,
con una finezza psicologica che mi ricorda Elizabeth Strout (la
quale, però, tende ad essere più dura, più severa).
Non
sono difficili, per nulla, e nemmeno troppo malinconici, anzi
rilassano, distendono, ed hanno un sapore intimo, personale, che pare
cullarti, mentre ti scuote. Perché sotto taluni aspetti lo fanno,
invitandoti a riflettere su situazioni che possono essere diverse, ma
che siamo portati a vivere quotidianamente, dall'interno o
dall'esterno, a seconda dei casi, e che qui vengono analizzate nel
dettaglio, dando risalto a particolari che normalmente diamo per
scontati o non afferriamo nella loro interezza. E perché, se le cose
vanno male, non è che noi siamo costretti ad accettarle... Possiamo
ribellarci, a modo nostro, ed evitare almeno la connivenza. Anche se
spesso la nostra sarà una ribellione silenziosa, e puramente
mentale...
Non
ci sono soluzioni, infatti. Quanto piuttosto un percorso di
apprendimento e scoperta, che poi è quella della vita. Fatta di
dolcezza, ma anche di tanti momenti amari.
Tra
tutti, il racconto che ho preferito è “Lo Studio”, ma non è il
più bello, è solo che l'ho trovato affine al mio spirito:
divertente, sognante ed esasperante in egual misura. Tra quelli che
davvero considero i migliori (ma non ci sono grandi sperequazioni: la
mia preferenza è determinata più dall'argomento che dai pregi
letterari): “Le case bianchissime”, “Maschi e femmine” e lo
stesso “Danza delle ombre felici”, che reca in sé una bellissima
morale.
Dolente
il quadro che si fa della provincia canadese. E anche tristemente
realistico.
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