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lunedì 12 maggio 2014

Scampo non ce n'è


SOGNI DI SANGUE
di Tiziano Sclavi

Quattro racconti lunghi (o romanzi brevi), in bilico tra vari generi, caratterizzati da una prosa limpida, sintetica e lineare, laddove spesso negli scritti di Sclavi si procede, invece, a frammenti e singhiozzi, in modo quasi labirintico.
A fare da trait d'union tra le varie storie il male di vivere, il vuoto sospinto delle relazioni e la desolazione della quotidianità, che mettono più ansia dei veri orrori, facendo ad essi da contraltare, e che ne sono lo specchio e la conseguenza, amplificati dalle vicende narrate. Del resto questo è da sempre uno dei temi cari a Sclavi, specie nella sua produzione libresca, e sovente ha fatto capolino altresì tra le pagine di Dylan Dog, il fumetto che lo ha reso famoso, pur stemperato, ivi, dalla positività di fondo dell'eroe, dal contesto fumettistico e dalla capacità di Dylan, vuoi per indole, vuoi per mestiere, di sottrarsi alla ripetizione del viver comune.
Qui, al contrario, scampo non ce n'è e le trame infondono una sensazione di angoscia, di claustrofobia inesorabile, percorse da quella disperazione silenziosa con cui, per forza di cose, ci si abitua a convivere. Almeno sino a che non si esplode.
Il primo racconto è “Sogni di sangue”, ove inseguiamo un serial killer rasoio munito e le sue efferatezze... Sclavi mescola il giallo con horror e thriller, facendo leva sui canoni del genere, ed ambientando la vicenda a Pavia, descritta nella sua nudità spoglia ed alienante, che ci strazia con il suo squallore, e che in realtà non è nemmeno il suo, ma quello dell'interiorità dell'uomo e di qualunque città.
Segue “Il testimone arcano”, il più interessante, il più bello, da leggere più di una volta. Perché è surreale e ci soverchia, e noi non riusciamo a capire il comportamento di quasi nessuno dei personaggi, volutamente ermetici, ma cogliamo in pieno l'inquietudine che ci trasmette, originata da un banale incidente stradale. Al protagonista, lo studente greco Stavros, verrà chiesto di testimoniare a riguardo e lui verrà risucchiato in un incubo kafkiano che non saprà come risolvere. E non lo sapremo nemmeno noi. Stupenda la fine, sia pur poco digeribile.
Un delitto normale”, il terzo, racchiude nel titolo tutti i suoi segreti, evidenziando ancora una volta, tassello dopo tassello, la tragicità di ciò che è ordinario, normale, appunto, e come tale spesso incredibile.
Infine, abbiamo lo stimolante “Quante volte tornerai”, dalla struttura complessa e dagli echi fantascientifici, permeato da un'atmosfera leggermente meno pessimistica rispetto ai precedenti racconti, che poi, dato che a Sclavi piace copiare se stesso, di fatto ricalca l'ultimo episodio del suo fumetto “Roy Mann” (qui sostituito come protagonista da Ravasciò, un normalissimo impiegato), di cui abbiamo già parlato nel post del 21 dicembre 2013.
P.S.
Bellissima ed evocativa la copertina disegnata da Angelo Stano.

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