SOGNI
DI SANGUE
di Tiziano Sclavi
Quattro
racconti lunghi (o romanzi brevi), in bilico tra vari generi,
caratterizzati da una prosa limpida, sintetica e lineare, laddove
spesso negli scritti di Sclavi si procede, invece, a frammenti e
singhiozzi, in modo quasi labirintico.
A
fare da trait d'union tra le varie storie il male di vivere, il vuoto
sospinto delle relazioni e la desolazione della quotidianità, che
mettono più ansia dei veri orrori, facendo ad essi da contraltare, e
che ne sono lo specchio e la conseguenza, amplificati dalle vicende
narrate. Del resto questo è da sempre uno dei temi cari a Sclavi,
specie nella sua produzione libresca, e sovente ha fatto capolino
altresì tra le pagine di Dylan Dog, il fumetto che lo ha reso
famoso, pur stemperato, ivi, dalla positività di fondo dell'eroe,
dal contesto fumettistico e dalla capacità di Dylan, vuoi per
indole, vuoi per mestiere, di sottrarsi alla ripetizione del viver
comune.
Qui,
al contrario, scampo non ce n'è e le trame infondono una sensazione
di angoscia, di claustrofobia inesorabile, percorse da quella
disperazione silenziosa con cui, per forza di cose, ci si abitua a
convivere. Almeno sino a che non si esplode.
Il
primo racconto è “Sogni di sangue”, ove inseguiamo un serial
killer rasoio munito e le sue efferatezze... Sclavi mescola il giallo
con horror e thriller, facendo leva sui canoni del genere, ed
ambientando la vicenda a Pavia, descritta nella sua nudità spoglia
ed alienante, che ci strazia con il suo squallore, e che in realtà
non è nemmeno il suo, ma quello dell'interiorità dell'uomo e di
qualunque città.
Segue
“Il testimone arcano”, il più interessante, il più bello, da
leggere più di una volta. Perché è surreale e ci soverchia, e noi
non riusciamo a capire il comportamento di quasi nessuno dei
personaggi, volutamente ermetici, ma cogliamo in pieno l'inquietudine
che ci trasmette, originata da un banale incidente stradale. Al
protagonista, lo studente greco Stavros, verrà chiesto di
testimoniare a riguardo e lui verrà risucchiato in un incubo
kafkiano che non saprà come risolvere. E non lo sapremo nemmeno noi.
Stupenda la fine, sia pur poco digeribile.
“Un
delitto normale”, il terzo, racchiude nel titolo tutti i suoi
segreti, evidenziando ancora una volta, tassello dopo tassello, la
tragicità di ciò che è ordinario, normale, appunto, e come tale
spesso incredibile.
Infine,
abbiamo lo stimolante “Quante volte tornerai”, dalla struttura
complessa e dagli echi fantascientifici, permeato da un'atmosfera
leggermente meno pessimistica rispetto ai precedenti racconti, che
poi, dato che a Sclavi piace copiare se stesso, di fatto ricalca
l'ultimo episodio del suo fumetto “Roy Mann” (qui sostituito come
protagonista da Ravasciò, un normalissimo impiegato), di cui abbiamo
già parlato nel post del 21 dicembre 2013.
P.S.
Bellissima
ed evocativa la copertina disegnata da Angelo Stano.
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